CHIETI
Alberi caduti in strada: «Qui si rischia la morte»
Paura a Brecciarola dopo il nubifragio di venerdì con 5 cipressi spezzati, uno ha travolto un'auto in corsa. Residenti sotto choc per lo spavento. Il Comune: convocheremo l’Anas
CHIETI. In tre erano finiti a terra quasi contemporaneamente a una manciata di metri di distanza l’uno dall’altro. Adagiati di traverso da una parte all’altra della carreggiata. Spezzati nel fusto più o meno a un metro dal suolo: quella che doveva essere la parte più altera di questi alberi secolari, si è rivelata il ventre molle forse per una manutenzione pari a zero. Se non fosse stato per una sorta di “Miracolo della Tiburtina”, quei crolli avrebbero causato morte e chiamata di correo alle responsabilità. Già: se la venezuelana 31enne ferita a una coscia dal cipresso caduto sulla sua auto è ancora in vita, lo deve all’angelo custode che l’ha protetta da una fine orrenda. Pochi centimetri più avanti con la macchina e sarebbe rimasta schiacciata nell’abitacolo della sua Fiat Uno.
Il giorno dopo la tempesta che si è abbattuta su via Aterno, nel tratto fra l’imbocco dell’asse attrezzato e l’inizio di contrada Brecciarola, i mucchietti di galbule dei cipressi finite sul marciapiede e sul ciglio della strada dal lato opposto, sono come tanti grani di un rosario che invocano la salvezza di chi, motorizzato o residente, passa o abita da queste parti. I vigili del fuoco tornano a controllare e passano al setaccio gli alberi uno a uno. La ditta incaricata dall’Enel ripara un cavo dell’energia elettrica di fianco alla casetta della Bonifica. «Erano le 14 circa: in pochi minuti è successo l’inferno», racconta Renzo Di Biase, che abita al civico 206, «sembrava che il vento ci portasse via. All’improvviso è andata via la luce per un cavo rotto: è tornata verso le 20,30. Mai ho visto una cosa del genere». Di fronte all’area di servizio Portobello, al civico 200, abita Luciano Tatonetti, benzinaio nello stesso distributore. «Stavo lavorando quando da nord e in pochi istanti è a arrivata una perturbazione pazzesca», spiega, «pioggia, grandine: tutto intorno a noi è diventato bianco. Ho avuto paura. Ho sentito il rumore degli alberi spezzati e i tonfi delle chiome sulla strada. Poi i soccorsi alla donna rimasta ferita nella sua auto. Mia moglie, che era in casa con i bambini, ha visto un bidone dell’olio mezzo pieno che volteggiava come una trottola: hanno pianto tutti per il forte spavento, pensavano che la casa si scoperchiasse».
In tutto sono stati cinque i cipressi spezzati dal vento e finiti al suolo in meno di dieci minuti: in tratto di 800 metri. Centinaia i rami al suolo. Quegli alberi tipici dei cimiteri con le radici che scendono a fuso nella terra e che presentano la forma simile alle mani giunte in preghiera, sono diventati un problema per la viabilità. Ma perché? I fusti, alti anche 30 metri, si sono spezzati perché non c’è più il giusto rapporto con le chiome appesantite. E le flessioni che subiscono con gli agenti atmosferici, ne provocano il crollo. Dunque, la loro presenza in quei luoghi deve far riflettere, vista la tragedia sfiorata. E sorge la domanda: importa salvaguardare il verde e riflettere sulla tutela delle piante monumentali stradali, oppure bisogna pensare alla vita della gente? Nel momento in cui succede l’irreparabile, chi è che ne paga le conseguenze? Chi amministra il territorio comunale? Chi fa manutenzione sulle piante? L’Anas, ente proprietario della strada? «Nei prossimi giorni», spiega l’assessore comunale alla viabilità, Mario Colantonio, «mi sentirò col dipartimento di L’Aquila dell’Anas per capire che cosa bisogna fare: i tagli delle piante sono opere di manutenzione straordinaria. Con questi rischi non si può andare avanti. Chi si fa parte diligente per il taglio delle piante, il Comune o l’Anas?».
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