«Altri strumenti per tutelare la Via Verde»
Il dibattito sulla norma della Regione che favorisce le strutture commerciali sulla pista ciclopedonale
VASTO. «Gli strumenti per la tutela della Via Verde ci sono, basta solo applicarli». Le associazioni tornano alla carica dopo l’incontro pubblico organizzato in Comune dal sindaco Francesco Menna, per contrastare l’emendamento al testo unico sul commercio, presentato dal presidente della Commissione bilancio e affari generali, Fabrizio Montepara (Lega) e approvato durante l’ultima seduta del consiglio regionale. Un provvedimento che rischia, secondo i partecipanti, di trasformare la Via Verde in una sorta di “bazar commerciale” con la presenza di chioschi e strutture permanenti.
L’allarme sulle sorti della pista ciclopedonale, lanciato per primo dall’associazione Nuovo Senso Civico, è risuonato nell’aula consiliare di Vasto ed è culminato nell’annuncio di un ricorso al Tar e di una manifestazione (flash mob). «Il successo della Via Verde smuove inevitabilmente appetiti ed interessi», attacca Lino Salvatorelli, presidente dell’Arci, «gli strumenti di tutela esistono, ma è necessario che ci sia la volontà politica di attuarli. Mi riferisco, in particolare, alla legge n.5 del 2007, recante disposizioni urgenti per la valorizzazione e la tutela della Costa teatina. Tale normativa prevede la redazione di un piano di assetto naturalistico che non è mai stato predisposto, nonostante siano passati ormai diciassette anni. In questo modo è stato lasciato un vuoto che presta il fianco alle varie interpretazioni. In sostanza, la Via Verde sconta l’assenza di una regolamentazione e di una visione. Del resto se un emendamento sul commercio rischia di stravolgere la tenuta paesaggistica di quei luoghi significa che qualcosa non quadra».
Nel corso dell’incontro Salvatorelli, insieme ad Ines Palena del Wwf costa frentana, hanno rilanciato il Parco della costa teatina, affossato da un emendamento. Previsto da una legge nazionale che risale al lontano 2001, l’area protetta a distanza di 23 anni non riesce ancora a vedere la luce nonostante esista una perimetrazione predisposta da un commissario ad hoc che già nel 2015 ha rimesso la propria documentazione alla presidenza del Consiglio dei ministri, dove tutto giace in un cassetto. Sono rimasti inascoltati, in questi anni, i numerosi appelli lanciati al governo di turno dalle associazioni ambientaliste. «Se il Parco fosse stato istituito non ci sarebbero stati tanti problemi», sostiene il presidente dell’Arci, «se ci fosse la volontà politica l’iter potrebbe essere ripreso, ripartendo proprio dal ministero». Ed ora ci si trova di fronte all’ennesima emergenza: la norma approvata dal consiglio regionale permette di fatto, secondo le associazioni, agli operatori che non provvedono a smontare le loro strutture a fine stagione di mantenerle in piedi tutto l’anno. E di nuove attività lungo la Via Verde ne sono spuntate parecchie in questi anni.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’allarme sulle sorti della pista ciclopedonale, lanciato per primo dall’associazione Nuovo Senso Civico, è risuonato nell’aula consiliare di Vasto ed è culminato nell’annuncio di un ricorso al Tar e di una manifestazione (flash mob). «Il successo della Via Verde smuove inevitabilmente appetiti ed interessi», attacca Lino Salvatorelli, presidente dell’Arci, «gli strumenti di tutela esistono, ma è necessario che ci sia la volontà politica di attuarli. Mi riferisco, in particolare, alla legge n.5 del 2007, recante disposizioni urgenti per la valorizzazione e la tutela della Costa teatina. Tale normativa prevede la redazione di un piano di assetto naturalistico che non è mai stato predisposto, nonostante siano passati ormai diciassette anni. In questo modo è stato lasciato un vuoto che presta il fianco alle varie interpretazioni. In sostanza, la Via Verde sconta l’assenza di una regolamentazione e di una visione. Del resto se un emendamento sul commercio rischia di stravolgere la tenuta paesaggistica di quei luoghi significa che qualcosa non quadra».
Nel corso dell’incontro Salvatorelli, insieme ad Ines Palena del Wwf costa frentana, hanno rilanciato il Parco della costa teatina, affossato da un emendamento. Previsto da una legge nazionale che risale al lontano 2001, l’area protetta a distanza di 23 anni non riesce ancora a vedere la luce nonostante esista una perimetrazione predisposta da un commissario ad hoc che già nel 2015 ha rimesso la propria documentazione alla presidenza del Consiglio dei ministri, dove tutto giace in un cassetto. Sono rimasti inascoltati, in questi anni, i numerosi appelli lanciati al governo di turno dalle associazioni ambientaliste. «Se il Parco fosse stato istituito non ci sarebbero stati tanti problemi», sostiene il presidente dell’Arci, «se ci fosse la volontà politica l’iter potrebbe essere ripreso, ripartendo proprio dal ministero». Ed ora ci si trova di fronte all’ennesima emergenza: la norma approvata dal consiglio regionale permette di fatto, secondo le associazioni, agli operatori che non provvedono a smontare le loro strutture a fine stagione di mantenerle in piedi tutto l’anno. E di nuove attività lungo la Via Verde ne sono spuntate parecchie in questi anni.
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