Amianto e rifiuti nel parco fluviale
Tradita la promessa di un’oasi verde 5 anni dopo l’accordo per il Megalò.
CHIETI. Amianto e rifiuti tossici nel parco fluviale. Cinque anni dopo l’apertura del centro commerciale Megalò, la promessa di un’oasi naturalistica restituita alla città non è stata mantenuta. L’area attorno al fiume si presenta come un territorio di desolante degrado.
E del parco restano soltanto le annotazioni sui cartelli stradali. Non esiste alcuna zona verde praticabile. Chi segue le indicazioni, dopo aver attraversato le rotatorie che circondano l’Iper, rischia di imbattersi senza saperlo in sentieri molto pericolosi. L’ultima novità è un cumulo di materiale di risulta, depositato da un giorno all’altro senza spiegazione: eternit accatastato su un prato, tra filari di alberi piantati di recente. A segnalare la presenza dell’amianto c’è soltanto un nastrino colorato che dovrebbe convincere i passanti a stare lontani. Nessuna informazione scritta, nient’altro che possa chiarire perché un’area verde è stata trasformata in luogo di stoccaggio per rifiuti pericolosi. Avvertimento molto labile per gli umani, del tutto insignificante per gli animali domestici e da compagnia.
A pochi passi, imboccando un’altra stradina sterrata, si accede verso il fiume. Qui la situazione è persino più grave. Superato il cantiere delle draghe di Di Marzio, e le montagne di sabbia che costeggiano il tracciato, si scopre che la grande discarica abusiva attorno al fiume è rimasta lì. Unica presenza immobile, inattaccabile. L’insediamento commerciale ha certamente portato nuova viabilità, rondò e una ventata di modernità, ma i cumuli di pattume che da decenni feriscono a morte il paesaggio fluviale continuano a essere depositati senza controllo. Cosa s’intende quando si parla di parco fluviale? Di zona finalmente bonificata e restituita alla gente che ama passeggiare nella natura? Nulla. Il parco è una bufala. Semplicemente non esiste. E pensare che l’accordo sulla realizzazione del Megalò prevedeva proprio la restituzione del comprensorio fluviale alla città.
E’ la parte pubblica del progetto che non c’è. Il programma urbanistico che portò alla nascita del centro commerciale fu firmato dalla precedente giunta comunale ma sono passati cinque anni e l’amministrazione in carica non ha fatto nulla per correggere l’aberrazione di superfici strappate al fiume e mai più riconsegnate alla collettività. Neppure per una piccola parte. Oggi si dice che sul parco fluviale c’è un contenzioso tra Megalò e Comune. C’è un ricorso che attende il giudizio del Tar, e che il collaudo dell’area verde non è stato possibile. Insomma, il parco non è agibile. Intanto però attorno al fiume Pescara crescono cumuli di rifiuti tossici e di amianto. Nessuno ferma lo scempio.
E del parco restano soltanto le annotazioni sui cartelli stradali. Non esiste alcuna zona verde praticabile. Chi segue le indicazioni, dopo aver attraversato le rotatorie che circondano l’Iper, rischia di imbattersi senza saperlo in sentieri molto pericolosi. L’ultima novità è un cumulo di materiale di risulta, depositato da un giorno all’altro senza spiegazione: eternit accatastato su un prato, tra filari di alberi piantati di recente. A segnalare la presenza dell’amianto c’è soltanto un nastrino colorato che dovrebbe convincere i passanti a stare lontani. Nessuna informazione scritta, nient’altro che possa chiarire perché un’area verde è stata trasformata in luogo di stoccaggio per rifiuti pericolosi. Avvertimento molto labile per gli umani, del tutto insignificante per gli animali domestici e da compagnia.
A pochi passi, imboccando un’altra stradina sterrata, si accede verso il fiume. Qui la situazione è persino più grave. Superato il cantiere delle draghe di Di Marzio, e le montagne di sabbia che costeggiano il tracciato, si scopre che la grande discarica abusiva attorno al fiume è rimasta lì. Unica presenza immobile, inattaccabile. L’insediamento commerciale ha certamente portato nuova viabilità, rondò e una ventata di modernità, ma i cumuli di pattume che da decenni feriscono a morte il paesaggio fluviale continuano a essere depositati senza controllo. Cosa s’intende quando si parla di parco fluviale? Di zona finalmente bonificata e restituita alla gente che ama passeggiare nella natura? Nulla. Il parco è una bufala. Semplicemente non esiste. E pensare che l’accordo sulla realizzazione del Megalò prevedeva proprio la restituzione del comprensorio fluviale alla città.
E’ la parte pubblica del progetto che non c’è. Il programma urbanistico che portò alla nascita del centro commerciale fu firmato dalla precedente giunta comunale ma sono passati cinque anni e l’amministrazione in carica non ha fatto nulla per correggere l’aberrazione di superfici strappate al fiume e mai più riconsegnate alla collettività. Neppure per una piccola parte. Oggi si dice che sul parco fluviale c’è un contenzioso tra Megalò e Comune. C’è un ricorso che attende il giudizio del Tar, e che il collaudo dell’area verde non è stato possibile. Insomma, il parco non è agibile. Intanto però attorno al fiume Pescara crescono cumuli di rifiuti tossici e di amianto. Nessuno ferma lo scempio.