Assemblea negata, denunciata la Sevel

Gli operai licenziati di Melfi restano fuori, e scatta lo sciopero contro gli straordinari

ATESSA. Per la cabala è il numero dello sciopero e della ribellione e ci si collegano cortei e rivendicazioni. Allora c'è tutta la protesta della Fiom-Cgil al cancello 25 della Sevel, varcato di mattino, pomeriggio e sera dallo stato maggiore del sindacato ma non da Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte, gli operai Fiom di Melfi licenziati dalla Fiat e non ancora reintegrati in fabbrica nonostante la sentenza del giudice. Il loro mancato ingresso alla Sevel porta alla denuncia contro l'azienda.

La solidarietà.
Per vederli e stringere loro le mani gli operai del sindacato dei «duri e rossi» aspettano che il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, termini la seconda assemblea della giornata in fabbrica. Ma lo stabilimento del furgone Ducato è vietato ai due di Melfi. Nonostante siano delegati sindacali. «Si tratta di soggetti indagati dalla Procura di Melfi per gravi fatti di violenza denunciati dalla Sata», scrive la Sevel in una nota alla Fiom, «cui è conseguito il licenziamento al vaglio dell'autorità giudiziaria». Non solo: «Non hanno legittimazione a partecipare all'assemblea per ulteriori considerazioni di carattere giuridico». Non basta: «Non hanno i requisiti richiesti dalla normativa per accedere in Sevel».

L'autunno caldo.
Sono le 17. Landini parla in fabbrica per mezz'ora. Al solito è una macchinetta. Quando spiega che cosa significhi il ritorno dell'«autunno caldo», le sue parole vengono accolte prima da un silenzio quasi religioso poi sommerse da un applauso che sembra non terminare più. Ad ascoltarlo ci sono 1.500 lavoratori. Molti non sono iscritti al sindacato che non ha firmato il rinnovo del contratto nazionale delle tute blu del 2009. L'applauso prolungato suona come richiesta di sciopero per un'ora. Dieci minuti dopo il vertice della Fiom è fuori dal cancello: il 25, il numero dello sciopero. Agenti della Digos e carabinieri presidiano la zona. Alle 17,30 un plotone di 300 lavoratori spunta dal reparto montaggio annunciati da battimani e coretti da stadio: le tute blu in corteo si avvicinano al cancello per abbracciare Barozzino e Lamorte e ascoltare da loro cosa è successo a Melfi.

La commozione.
L'effetto folla fa venire i bridivi a Barozzino. Maglietta bianca, jeans e Nike ai piedi, dispensa baci e abbracci a tutti. Si passa anche la mano sugli occhi per togliere qualche lacrima. «Siamo con voi», gli urla un operaio; «Non siete soli», rimarca un altro: «Non ti arrendere», sottolinea qualcuno; «Lotta-dura-sarà», scandisce un'altra tuta blu. Due metri più sù c'è Lamorte in maglietta Adidas nera, cappellino lilla e jeans. La scena si ripete. Si improvvisa un comizio sullo scalino del bar costruito di fianco al cancello ma mai aperto. L'avvio è riposto in un applauso chiesto da Landini e dispensato a piene mani da chi non ha voluto perdersi questo appuntamento. «Grazie di cuore per la vostra solidarietà», dice d'un fiato Barozzino col groppo in gola. «Vogliono colpire chi difende i lavoratori», riprende, «questa battaglia non è solo di noi tre licenziati perché sarebbe già persa in partenza. E' invece una lotta per noi tutti. Qui è in gioco qualcosa di allucinante e di devastante. Guardate gli occhi degli operai nelle fabbriche e vedete che sono solo tristi». Applauso di un minuto. Poi la conclusione con un monito: «Restate uniti». Lamorte va subito al contratto: «Guardate che l'accordo di Pomigliano non sarà applicato solo là, ma toccherà per primi i lavoratori di Melfi e Atessa». L'incontro si conclude quando Landini invita le tute blu allo sciopero di sabato contro il primo di quattro straordinari: «Mandiamo un segnale alla Fiat: noi non molliamo».

La denuncia.
Tutto quanto è accaduto dentro e fuori la fabbrica è stato verbalizzato dai dirigenti del sindacato. Sempre dal cancello 25 partono telefonate agli avvocati Fiom. La Cgil studia come agire perché a Barozzino e Lamorte è vietato l'ingresso. «Anche alle forze dell'ordine abbiamo chiesto di testimoniare perché l'azienda non ha consentito l'ingresso dei due delegati Fiom nello stabilimento. Pensiamo alla denuncia per violazione dello statuto dei lavoratori», dice Marco Di Rocco, segretario provinciale Fiom. «Hanno diritto a partecipare alle assemblee», aveva detto Di Rocco al mattino, «non sono solo Rsu a Melfi ma anche del comitato centrale Fiom».

Le reazioni.
«Qui le sentenze non le rispetta nessuno tant'è che continuano a tenerci a casa», dice Claudio Trivellone, sorvegliante Sevel licenziato, riassunto dal giudice ma mai reintegrato nel posto di lavoro e ieri fatto entrare in assemblea. «La situazione è delicata», gli fa eco Mario Codagnone, dirigente Fiom a Vasto, «e difficoltà sono presenti ovunque. Ci vorrebbe una svolta nei rappporti con le istituzioni che in questo periodo sono lontane mille miglia dai lavoratori, difesi solo dal sindacato». Davanti al cancello 25 c'è anche Pasquale Di Genni, Rsu Fiom alla Pierburg: «Chiedo a Fim e Uil che cosa è per loro la democrazia. Non si può andare avanti così: con questo modo di fare delle industrie, i lavoratori non contano più un niente». «Condividiamo in pieno la protesta», spiega Remo Casalanguida, responsabile provinciale della Failms-Cisal, «siamo insieme alla Fiom e facciamo questa battaglia. Uno degli ultimi licenziati alla Fiat di Termoli è un nostro iscritto».

I lavoratori.
Fra le tute blu del reparto montaggio l'insofferenza pare abbia fatto breccia. «E' una fase delicata», dice Amerigo, «la Fiat fa pressioni per ottenere quello che vuole. Il clima alla Sevel è incandescente ma noi siamo determinati nella battaglia». Fabio, invece, racconta che il fratello, padre di famiglia, «riceve di continuo lettere di richiamo senza avere fatto nulla. Il pericolo concreto è che cada in depressione». Una giovane, invece, si fa portavoce della richiesta delle mamme lavoratrici e spiega che «la Sevel dovrebbe agevolare le donne che hanno figli con strutture che la fabbrica non ha ancora, nonostante le richieste. Il momento forse non è opportuno per una domanda del genere, ma la Fiat questa istanza deve pur prenderla in considerazione». Alle 18,15 i lavoratori rientrano nello stabilimento. Barozzino e Lamorte tornano a Melfi. Lo stato maggiore della Fiom, con Landini in testa, lascia Atessa per andare a una iniziativa a Pescara. Tornerà più tardi, alle 22,15, per l'assemblea con i lavoratori del turno notturno. Varcano sempre dal cancello 25. Ma oltre che dello sciopero per la cabala quello è anche il numero delle indagini.

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