Assistenza sospesa: dopo gli esposti partono le diffide
Continua la battaglia di CittadinanzAttiva contro i tagli Cerulli: c’è il diritto alla salute e quindi alle terapie
LANCIANO. Diffide alla Asl e al Servizio ispettivo regionale per ottenere il diritto di fare la riabilitazione nei centri accreditati. Proteste e ricorsi per l’interruzione dell’assistenza domiciliare integrata e consegna di 120 firme raccolte tra quelle persone che sono in attesa delle terapie nei centri privati, come indicato dalla commissione medica Asl, ma che non possono farle perché i soldi pubblici sono finiti. È stato un pomeriggio intenso quello di ieri nel Palazzo degli studi dove l’associazione CittadinanzAttiva e il Tribunale del diritto del malato(Tdm) con l’appoggio del Comune, hanno accolto tutte quelle persone che hanno problemi con l’Adi sospesa e che non possono fare la riabilitazione.
L’assistenza domiciliare. «Non era nel programma ma abbiamo accolto gli utenti a cui è stata sospesa l’Adi», dice Aldo Cerulli di CittadinanzAttiva, «alcuni li conoscevamo perché hanno presentato la denuncia in Procura per interruzione di pubblico servizio quando a marzo è stata tolta loro l’Adi poi riattivata. Ma abbiamo scoperto altri casi incredibili. Assistenza negata a pazienti allettati o cure tolte come gli integratori a chi non può farne a meno. C’è poi la questione delle cartelle Adi non firmate dal medico di base perché non condivise». Oltre 700 i casi di Adi tolta, ad oggi 200 riattivate ma a fronte di 700 persone in cure prestazionali e qui c’è il dramma per Cerulli perché le prestazionali congestionano i centri accreditati come il San Stefar che ha dovuto chiudere le porte a ben 300 malati, di cui 100 sono bambini.
Le diffide. Sono circa 300 le persone a cui l’Unità di valutazione multidimensionale (Uvm) del distretto sanitario aveva dato l’autorizzazione alle cure, perché considerate necessarie. «Abbiamo raccolto una decina di diffide», dice Cerulli, «che invieremo ad Asl e Regione per il rispetto del diritto alla salute. Siamo fiduciosi che le diffide possano sortire l’effetto sperato, ossia far fare le terapie». Effetto ottenuto per il bimbo di 4 anni che da due attendeva di fare riabilitazione e logoterapia perché affetto da disturbo comunicativo-comportamentale che, dopo la diffida ora potrà fare tre mesi di cure al san Stefar. «Ma», riprende Cerulli, «siamo anche pronti a presentare ricorsi ex articolo 700 per interruzione dei livelli essenziali di assistenza, visto che la Asl non riesce a garantire le terapie, che l’Uvm del distretto indica come imprescindibili. Cure non praticabili perché i centri hanno finito i fondi previsti dalla Regione e che quindi si fanno solo a pagamento». Ma con costi esorbitanti. Ci sono pazienti che prendono 280 euro di pensione, come potrebbero pagarne 300 per avere 10 sedute di riabilitazione?
La petizione. Non solo ricorsi e diffide, sul tavolo del commissario regionale alla sanità, Gianni Chiodi: arriveranno anche 120 firme frutto di una petizione avviata una decina di giorni fa da Luigina Scappini, la nonna di una bimba di 6 mesi di Lanciano a cui sono state negate cure definite dai medici e dall’Uvm “urgenti ed inderogabili, a meno di un aggravamento irreversibile della malattia”. Nonna battagliera che ha anche presentato un esposto in Procura per informala della gravità, della difficoltà e impossibilità di fare terapie in città.
Teresa Di Rocco
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