industria

Atessa, alla Honda è stato di agitazione

Fim, Fiom e Uilm: calo occupati-produzione e aumento del debito. Il ministero verifichi

LANCIANO. Che sta succedendo alla Honda di Atessa? È questo l’interrogativo di lavoratori e sindacati alla vigilia di una nuova drammatica fase che interessa lo stabilimento di contrada Saletti, passato dai fasti degli scorsi anni con circa 800 dipendenti assunti, 1.500 occupati nell’indotto e una produzione di 175mila moto tra il 2008 e il 2009, alla prospettiva di diventare una fabbrica-cacciavite, con le eccellenze delle maestranze altamente specializzate relegate invece a fare mero assemblaggio. La decisione della direzione aziendale di smantellare l’ultima linea di produzione motori che restava allo stabilimento di Atessa, ha aperto una fase delicatissima per il futuro della fabbrica, una delle prime a insediarsi in Val di Sangro, oltre 40 anni fa. Si apre da oggi lo stato di agitazione dei sindacati. Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil non ci stanno a far declassare uno stabilimento che è stato sempre una delle eccellenze della casa nipponica in tutto il mondo.

IL PIANO INDUSTRIALE. Al centro del j’accuse delle parti sociali c’è l’atteggiamento della proprietà giapponese nei confronti dell’accordo sottoscritto al ministero dello Sviluppo economico nel dicembre 2012. «Tre erano i cardini di quel piano industriale», sintetizza Davide Labbrozzi, Fiom Chieti, «riduzione degli occupati, pareggio di bilancio e produzione di 120mila moto». Se da un lato gli occupati sono stati drasticamente ridotti (dal 2008 sono stati licenziate 404 persone, nello stabilimento ne restano 417 di cui 352 a tempo indeterminato, 59 stagionali e 6 somministrati), dall’altro il pareggio di bilancio non è stato raggiunto perché ad oggi Honda risulta avere ancora un passivo di 13milioni di euro di cui 4milioni persi solo con il cambio euro-dollaro, e la produzione delle moto si è fermata ad oltre 81mila pezzi che il prossimo anno scenderanno a 77mila. «Ce lo disse la Honda stessa al ministero», incalza Labbrozzi, «se mancano due dei tre elementi del piano industriale lo stabilimento potrebbe chiudere».

LE INIZIATIVE. I sindacati sono sul piede di guerra. Inizia da adesso uno stato di agitazione che potrebbe portare anche all’inasprimento della lotta sindacale attraverso gli scioperi. I sindacati chiederanno inoltre un incontro di verifica al ministero. «Bisogna costringere la casa giapponese a sviluppare organizzazione e rilancio dello stabilimento», commenta Domenico Bologna, Fim-Cisl, «Atessa solo con gli scooter e senza nessun nuovo modello di maxi moto non ce la fa. Temiamo il disimpegno dei giapponesi».

GLI INVESTIMENTI. «La Honda», fa notare Nicola Manzi, Uilm-Uil Chieti-Pescara, «produce utili nel mondo per 300 bilioni di euro. Di recente ha effettuato un investimento di 256milioni di euro per lo stabilimento inglese della Honda Civic. Ad Atessa, invece, sono stati assegnati solo 800mila euro per l’ampliamento di un capannone. Come mai? Che ne è del programma Fop, cioè realizzare moto da customizzare per i clienti europei? Non vogliamo uno stabilimento sul modello cinese o vietnamita, vogliamo difendere il marchio made in Italy che la reso la Honda leader in Europa».

LA REPLICA. Honda Italia Industriale Spa da parte sua smentisce i timori espressi dai sindacati metalmeccanici in cui si paventa la fine degli investimenti in Italia, il mancato rispetto degli accordi intrapresi, la chiusura in negativo dei bilanci aziendali e la crisi dello stabilimento produttivo di Atessa. «Tali notizie non trovano fondamento - precisa l'azienda -. La Honda Italia è perfettamente in linea con gli accordi sottoscritti e sta conseguendo tutti gli impegni occupazionali e finanziari assunti e ha appena informato sul piano di produzione del prossimo anno che conferma l'apprezzamento dei propri modelli sul mercato e non rileva stati di agitazione da parte dei dipendenti. Di converso, la diffusione di notizie distorte crea notevoli disagi all'azienda tutta».