Atessa, la crisi della Honda si allarga a tutto l’indotto
Lunedì una delle piccole imprese satelliti avvierà la mobilità del 50% dei dipendenti
ATESSA. Sono giorni decisivi per il pianeta Honda. Oggi i vertici dell’azienda di scooter di Atessa incontreranno i sindacati per fare il punto sul numero di adesioni, fra i dipendenti, al piano di mobilità volontaria. Lunedì, invece, sarà la Progetto Logistico (ex Verlicchi), fabbrica monocliente di Honda che produce telai e forcelle per moto, ad aprire un tavolo con i sindacati per avviare la mobilità per il 50% dei suoi dipendenti. Si tratta di decidere il futuro di una trentina di lavoratori altamente specializzati dei 67 attuali. Tutti con una media d'età di circa 40 anni, difficilmente rimpiazzabili in un mercato del lavoro in fase di stallo.
Questa è solo la punta dell'iceberg di una situazione che coinvolge una trentina di fabbriche dell'indotto Honda, universo a volte semisconosciuto perché comprende anche piccole imprese di 15 dipendenti. Ma l'emorragia di posti di lavoro è continua. In luglio circa 100 persone impiegate per attività come mensa, logistica interna e pulizia dello stabilimento Honda di contrada Saletti andranno a casa. L'accordo del dicembre scorso presso il ministero dello Sviluppo economico tra i vertici della casa giapponese, sindacati e istituzioni locali prevedeva che, per evitare di far perdere posti di lavoro all'unico stabilimento Honda d'Europa delle due ruote, si potessero utilizzare i dipendenti dei vari reparti per i cosiddetti servizi. Si calcola che il rapporto tra dipendenti Honda e indotto è di uno a tre.
Questa equazione si verifica in Val di Sangro soprattutto con la casa nipponica che, negli anni, ha dovuto e voluto “coltivare" tante micro fabbriche della subfornitura chiedendo prestazioni in esclusiva e prodotti altamente specializzati, specifici per Honda e per nessun altro. Honda però ha perso terreno. La produzione è crollata dai 180mila pezzi degli anni d'oro (2008) ai 40mila di quest'anno. E alla subfornitura non sono rimaste nemmeno le briciole.
Se da un lato sindacati e ministero si sono affannati per salvare lo stabilimento di Atessa, cosa si è fatto e si può ancora fare per l'indotto? La domanda la pone Isaia Di Carlo, titolare della Progetto Logistico. «Honda negli anni ha preteso che si lavorasse solo per lei», spiega Di Carlo, «ma adesso di quelle prestazioni e di quegli sforzi cosa ci rimane? Progetto Logistico, nel momento dell'acquisto al fallimento dell'ex Verlicchi di Casoli, aveva fatto degli accordi interni anche sulla base di quanto siglato al ministero a dicembre: siamo disposti a vivere anche senza utili di azienda per salvaguardare i posti di lavoro, cosa innaturale per un'impresa, ma qualcuno ci deve dire cosa si intende fare per il futuro».
«Abbiamo bisogno di certezze per una programmazione seria e duratura», prosegue Di Carlo, «e invece nessuno ci dice niente. Sono disposto anche ad abbassare il target e i costi dei pezzi, ma con la certezza di commesse. Le risposte devono però arrivare adesso: una volta persi posti di lavoro, know-how e competenze e una volta chiusi gli stabilimenti dell'indotto sarà impossibile ripartire, anche se ci sarà una ripresa nel 2016». Di Carlo chiede un tavolo di concertazione con dirigenza Honda, casa madre giapponese, istituzioni e sindacati «per capire cosa si vuole fare del territorio».
«Questa valle e questa gente», conclude Di Carl, «hanno dato tanto alla Honda, vorremmo almeno sapere se siamo di fronte a un'eutanasia assistita oppure se c'è ancora una speranza».
Daria De Laurentiis
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