Bacia una 13enne, allenatore nei guai

Indagato per violenza sessuale dopo la denuncia dei genitori della ragazzina. La difesa: solo affetto paterno

CHIETI. Come considerare due baci sulla guancia ed uno sulla fronte che un 60enne dà a una ragazzina di13 anni? Sono un eccesso di affetto paterno o è violenza sessuale? Il guaio giudiziario capitato a R.C., allenatore teatino di uno sport di nicchia, può aiutarci a dare una risposta. Il nome dell’indagato e il tipo di sport praticato, fino a qualche tempo fa, anche dalla ragazzina devono restare segreti, sia per tutelare la minorenne che di anni ne ha compiuti 15 sia perché l’inchiesta che tira in ballo l’allenatore per un reato infamante può risolversi con un’archiviazione. A indagare è la procura di Chieti dopo la denuncia presentata dai genitori della ragazzina per fatti che sarebbero avvenuti due anni fa. La scorsa settimana, davanti al gip, Antonella Redaelli, al procuratore capo, Pietro Mennini e al difensore di R.C., l’avvocato Marco Femminella, si è consumato un passaggio chiave: l’adolescente è stata sentita in fase di incidente probatorio ed ha confermato la sua storia. Che comincia con una serie di messaggi scambiati via Facebook con l’allenatore. Decine se non centinaia di chat, a dir la verità mai volgari, seppure in alcuni casi intime e dove spuntano anche quelle tipiche faccine in questo caso in atteggiamento scandalizzato.

Ma fin qui sembra quasi tutto normale, tranne per il fatto che a inviare gli smile era il 60enne. Il reato però non c’è. Che cosa avviene poi che spinge i genitori della ragazzina a presentare denuncia per violenza sessuale?

Stando al racconto di lei, l’amicizia con l’allenatore 60enne esce dal mondo virtuale di Facebook quando i due si danno appuntamento sul Corso, passeggiano verso la villa comunale e infine salgono al campetto di basket dove, prima del momento del saluto, l’allenatore abbraccia la giovanissima atleta. La bacia prima sulle guance e poi sulla fronte. E lei a casa racconta tutto.

Al magistrato che le ha chiesto: «Ma perché non ha interrotto l’amicizia su Facebook e ha deciso di andare all’appuntamento?», la ragazzina ha risposto: «Mi sentivo come costretta a farlo». Basta questo per incriminare l’allenatore?