Benito, un anno trascorso nel mistero
Domani la ricorrenza della sparizione dell’83enne. La figlia Rosanna: questo silenzio fa paura, le ricerche devono ripartire. Mistero anche sulla scomparsa del fotografo D'Ettore
GUARDIAGRELE. Una frazione di secondo per sparire, 365 giorni di attesa per non avere mezzo straccio di notizia. Il mistero sulla sparizione di Benito Della Penna, 83 anni a febbraio 2017, resta in piedi in tutta la sua maestosità. Domani sarà un anno da quando l’ex panettiere non è tornato a casa dalla passeggiata fatta sulla strada di Piana San Bartolomeo nel pomeriggio del 15 marzo 2017. Era uscito di casa, sulla provinciale, tra le 17 e le 17,30, per sgranchirsi le gambe, passando dal genero Raffaele nella vicina campagna, dove però non è mai arrivato. Benito aveva indosso un giubbotto blu leggero, jeans, cappello classico, scarpe di pelle, occhiali da vista e portava l’immancabile stampella azzurra. Da poco si era operato per un problema alla gamba. Ma da quel momento di Benito sono sparite le tracce.
Quel manifestino in casa. All’ingresso della sua abitazione, al civico 19 della contrada, la foto di Benito è affissa sulla parete del corridoio, all’altezza di una cassapanca che fa da altarino. Calle, gladioli e una rosa rossa abbelliscono quel pianale dove in un nido di addobbi pasquali un pulcino fa compagnia a un ovetto di cioccolato. Se non fosse per la scritta “scomparso” che sovrasta la foto, quel manifestino sembrerebbe un invito a una festa di compleanno, uno di quelli che da queste parti vengono affissi sui cartelli della segnaletica stradale.
La rassegnazione non vince. «È passato un anno, dice la figlia Rosanna, «un anno di silenzio. È come se in tutto questo tempo non fosse successo niente sulle ricerche di papà: sembra un secolo fa quando in questa zona e per alcuni giorni si concentrarono le ricerche di forze dell’ordine e volontari. Poi il nulla assoluto, un nulla assordante. E la certezza che questa vicenda non interessi ormai più nessuno e, anzi, che vada dimenticata al più presto». La rassegnazione la fa quasi da padrona nelle parole della figlia, anche se un ultimo sforzo nelle ricerche porterà la firma della famiglia che, mani al portafogli, ha già contatto una ditta investigativa che ha cani per la ricerca di resti umani.
L’ultimo avvistamento. L’ultimo dei conoscenti a vedere Benito in quel pomeriggio di un anno fa pare sia stato Gianluca, un giovane che lavora alla vicina Seralplast. «Mi disse nei giorni delle ricerche», riprende la figlia di Benito, Rosanna, «di avere visto papà appoggiato alla transenna vicina al bivio qui davanti». La zona intorno alla casa è stata battuta mille volte: tra l’altro è talmente piena di rovi che ci si cammina sopra. «Più sotto papà non sarebbe stato in grado di scendere», aggiunge Rosanna, «tant’è che le ricerche non sono state allargare a un territorio più ampio proprio perché papà non poteva camminare». Poi il dubbio che qualcuno possa averlo caricato su un’auto per accompagnarlo da qualche parte: ma dove? E se fosse stato così, perché non avvisare la famiglia o le forze dell’ordine di quell’ultimo avvistamento?
Le ricerche da riprendere. In questo lungo lasso di tempo sono state fatte ricerche solo nei primi giorni sotto il coordinamento della prefettura e con carabinieri, vigili del fuoco, Croce rossa e Protezione civile, unità cinofile e anche con l’utilizzo di un elicottero. Ma ai familiari di Benito resta un dubbio: si poteva fare di più? «Questo è il momento più adatto per riprendere le ricerche», sottolinea la figlia Rosanna, «perché la vegetazione non è folta, ma tra qualche settimana, con l’arrivo della primavera, tutto tornerà ad essere ricoperto da foglie e arbusti e saremo al punto di partenza».
In strada col cane Bobby. Rosanna ricorda quel maledetto 15 marzo come fosse ieri. Era scesa dai genitori per portare loro il pranzo. «Avevo preparato il minestrone con le polpettine. Al solito papà era sorridente. Sono tornata dai miei verso le 15,30 ma non lui non c’era più tardi mamma mi disse che era fuori casa con il cane Bobby. Alle 17,30 sono uscita anch’io a comprare il formaggio qui vicino. C’era ancora la luce del sole, faceva caldo». Poi il mistero che dura tutt’ora, l’angoscia, il cuore che a momenti scoppia dal dolore. La speranza. Le ricerche. Il silenzio. Il nulla. E la tappa quasi quotidiana al pioppo nel terreno di famiglia sulla strada che porta a Casoli, sotto Colle Luna, a trenta metri dal punto in cui Benito è stato visto per l’ultima volta. «Un giorno», riprende Rosanna, «papà mi disse: quest’albero canta». Ma da un anno ormai senza Benito quel pioppo non canta più.
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