L’azienda prepara la chiusura degli uffici amministrativi e acquisti
Bimo cerca nuovi partner E annuncia altri tagli di posti
LANCIANO. La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno proprio in coincidenza con le festività natalizie: la Bimo Italia, l’azienda della Val di Sangro che produce pellicole da imballaggio, cerca un patner, e per essere competitiva punta a ridurre il costo del lavoro.
Una “mazzata” per i 193 operai, perchè fusioni e accorpamenti in soldoni significano ancora sacrifici e la possibilità che qualche posto di lavoro si perda per strada. Come ad esempio i settori amministrativi e acquisti (una decina di lavoratori. ndc) che, come ammesso dalla stessa azienda nell’incontro del 22 dicembre, potrebbero essere accorpati alla sede del gruppo Irplast di Empoli. «Non ci stiamo a pagare il prezzo di politiche scellerate fatte da altri - dicono all’unisono le Rsu Cgil, Cisl e Uil - già in passato abbiamo avuto periodi di mobilità e la perdita di 36 posti di lavoro, ora i sacrifici li chiediamo noi ad altri, basta far pagare la crisi ai lavoratori».
Eppure, alla Bimo, che denuncia un debito che supera abbondantemente i 150 milioni di euro, così come dichiarato dalle Rsu, la crisi congiunturale non avrebbe dovuto nuocere granchè. La produzione di pellicole di polipropilene, infatti, gli imballaggi destinati a prodotti di largo consumo, dai dolciumi alle bevande, fino a sigarette e nastri adesivi, tira ancora parecchio soprattutto da parte di un’azienda leader nella produzione di film per confezionamenti alimentari e non, e maggior fornitore a converter di film speciali per tabacchi. «E’ vero che il costo del petrolio è aumentato - ammettono le Rsu - ma le commesse ci sono e la mobilità di 5 anni fa doveva servire proprio a rilanciare gli investimenti, cosa che evidentemente non è stata fatta».
Adesso i sindacati chiedono un nuovo incontro che avverrà agli inizi del nuovo anno mettendo in campo larga disponibilità al dialogo e soluzioni alternative, ma anche la ferma volontà a non indietreggiare di un passo sui costi del lavoro e, soprattutto sui posti in gioco. «Dopo la crisi di qualche anno fa riteniamo l’azienda non più affidabile - incalzano i sindacati - e non abbiamo intenzione di rinunciare a nulla. Chiediamo un nuovo confronto per trovare altre strade, non si può far pagare ancora una volta ai lavoratori il peso di scelte sbagliate».
Una “mazzata” per i 193 operai, perchè fusioni e accorpamenti in soldoni significano ancora sacrifici e la possibilità che qualche posto di lavoro si perda per strada. Come ad esempio i settori amministrativi e acquisti (una decina di lavoratori. ndc) che, come ammesso dalla stessa azienda nell’incontro del 22 dicembre, potrebbero essere accorpati alla sede del gruppo Irplast di Empoli. «Non ci stiamo a pagare il prezzo di politiche scellerate fatte da altri - dicono all’unisono le Rsu Cgil, Cisl e Uil - già in passato abbiamo avuto periodi di mobilità e la perdita di 36 posti di lavoro, ora i sacrifici li chiediamo noi ad altri, basta far pagare la crisi ai lavoratori».
Eppure, alla Bimo, che denuncia un debito che supera abbondantemente i 150 milioni di euro, così come dichiarato dalle Rsu, la crisi congiunturale non avrebbe dovuto nuocere granchè. La produzione di pellicole di polipropilene, infatti, gli imballaggi destinati a prodotti di largo consumo, dai dolciumi alle bevande, fino a sigarette e nastri adesivi, tira ancora parecchio soprattutto da parte di un’azienda leader nella produzione di film per confezionamenti alimentari e non, e maggior fornitore a converter di film speciali per tabacchi. «E’ vero che il costo del petrolio è aumentato - ammettono le Rsu - ma le commesse ci sono e la mobilità di 5 anni fa doveva servire proprio a rilanciare gli investimenti, cosa che evidentemente non è stata fatta».
Adesso i sindacati chiedono un nuovo incontro che avverrà agli inizi del nuovo anno mettendo in campo larga disponibilità al dialogo e soluzioni alternative, ma anche la ferma volontà a non indietreggiare di un passo sui costi del lavoro e, soprattutto sui posti in gioco. «Dopo la crisi di qualche anno fa riteniamo l’azienda non più affidabile - incalzano i sindacati - e non abbiamo intenzione di rinunciare a nulla. Chiediamo un nuovo confronto per trovare altre strade, non si può far pagare ancora una volta ai lavoratori il peso di scelte sbagliate».