Black bloc arrestato, paura tra gli studenti della D'Annunzio
Leonardo Vecchiolla, studente di 23 anni della d'Annunzio, davanti al giudice per la convalida degli arresti. Intanto cresce lo sconcerto tra gli studenti, il preside della facoltà di Psicologia: "Sono amareggiato"
CHIETI. Oggi in tribunale si celebrerà l'udienza di convalida dell'arresto di Leonardo Vecchiolla, studente di 23 anni della d'Annunzio, considerato dagli investigatori uno dei black bloc che hanno assaltato il blindato dei carabinieri negli scontri di Roma. Intanto c'è tensione all'università D'Annunzio: il preside di Psicologia Raffaele Ciafardone si dice amareggiato, gli studenti sembrano impauriti.
I pochi universitari «fuori sede» rimasti nel week end nella casa dello studente del Villaggio Mediterraneo non vogliono parlare. Sono impauriti. Qualcuno riesce a dire: ci hanno detto che non dobbiamo parlare. C'è parecchia tensione anche perché si vocifera che a ridosso dell'arresto di Leonardo Vecchiolla, che stava partendo per la Val di Susa, alcuni carabinieri in borghese, (episodio non confermato) abbiano fatto delle perquisizioni in alcuni alloggi.
«La nostra facoltà è tranquilla» dice Raffaele Ciafardone. Il preside della facoltà di psicologia di Chieti, favoltàdove studia Leonardo Vecchiola, arrestato ieri sera per gli incidenti di piazza San Giovanni, è meravigliato che qualcuno dei suoi studenti possa essersi resto autore dell'assalto al blindato dei carabinieri. La facoltà di Psicologia conta cinque mila iscritti, ma solo un quinto sono gli studenti che frequentano, ed essendo fuorisede Vecchiolla è uno di questi. Ma il preside dice di non conoscerlo e di aver saputo dell'arresto dai giornali e dai siti. «Sono stupito e amareggiato», prosegue Ciafardone, «perché nella nostra facoltà non c'é mai stato nessun sentore di fatti del genere. Per me questo ragazzo è, come dire, un nome qualunque, che non assimilo a eventi precedenti di facoltà. Però resta l'amarezza».
Un amico di Chieti, degli ambienti della sinistra locale, che il 15 è andato a Roma per manifestare con gli Indignati contro il Governo, e che per il momento vuole restare anonimo, non ritiene possibile che Leonardo si sia reso autore di un episodio così violento. «Leonardo è buono, tranquillo», dice, «prima di partire per Roma ci siamo sentiti, e dopo la manifestazione gli ho telefonato per sapere se voleva tornare con noi in pullman. E lui mi ha risposto che sarebbe partito qualche giorno dopo e che stava con i colleghi de la Sapienza. Mi ha detto: è andato tutto bene ci vediamo a Chieti».
Secondo l'amico, (è stato lui ad avvertire il padre dell'arresto di Leonardo) non c'è alcuna foto di quelle che sono state pubblicate su siti web e media dove c'è lui. «Ho visto una immagine dove c'è un ragazzo vicino al blindato dei carabinieri che potrebbe somigliarli: ha capelli corti e rasta, non è lui ne sono certo». E le intercettazioni? «E' un modo di dire, in genere si dice "noi" per identificarsi idealmente con una azione che non ci rigurda direttamente. Anche io ho detto "siamo stati caricati dalla polizia" ma ero lontano centinaia di metri». (k.g.)
I pochi universitari «fuori sede» rimasti nel week end nella casa dello studente del Villaggio Mediterraneo non vogliono parlare. Sono impauriti. Qualcuno riesce a dire: ci hanno detto che non dobbiamo parlare. C'è parecchia tensione anche perché si vocifera che a ridosso dell'arresto di Leonardo Vecchiolla, che stava partendo per la Val di Susa, alcuni carabinieri in borghese, (episodio non confermato) abbiano fatto delle perquisizioni in alcuni alloggi.
«La nostra facoltà è tranquilla» dice Raffaele Ciafardone. Il preside della facoltà di psicologia di Chieti, favoltàdove studia Leonardo Vecchiola, arrestato ieri sera per gli incidenti di piazza San Giovanni, è meravigliato che qualcuno dei suoi studenti possa essersi resto autore dell'assalto al blindato dei carabinieri. La facoltà di Psicologia conta cinque mila iscritti, ma solo un quinto sono gli studenti che frequentano, ed essendo fuorisede Vecchiolla è uno di questi. Ma il preside dice di non conoscerlo e di aver saputo dell'arresto dai giornali e dai siti. «Sono stupito e amareggiato», prosegue Ciafardone, «perché nella nostra facoltà non c'é mai stato nessun sentore di fatti del genere. Per me questo ragazzo è, come dire, un nome qualunque, che non assimilo a eventi precedenti di facoltà. Però resta l'amarezza».
Un amico di Chieti, degli ambienti della sinistra locale, che il 15 è andato a Roma per manifestare con gli Indignati contro il Governo, e che per il momento vuole restare anonimo, non ritiene possibile che Leonardo si sia reso autore di un episodio così violento. «Leonardo è buono, tranquillo», dice, «prima di partire per Roma ci siamo sentiti, e dopo la manifestazione gli ho telefonato per sapere se voleva tornare con noi in pullman. E lui mi ha risposto che sarebbe partito qualche giorno dopo e che stava con i colleghi de la Sapienza. Mi ha detto: è andato tutto bene ci vediamo a Chieti».
Secondo l'amico, (è stato lui ad avvertire il padre dell'arresto di Leonardo) non c'è alcuna foto di quelle che sono state pubblicate su siti web e media dove c'è lui. «Ho visto una immagine dove c'è un ragazzo vicino al blindato dei carabinieri che potrebbe somigliarli: ha capelli corti e rasta, non è lui ne sono certo». E le intercettazioni? «E' un modo di dire, in genere si dice "noi" per identificarsi idealmente con una azione che non ci rigurda direttamente. Anche io ho detto "siamo stati caricati dalla polizia" ma ero lontano centinaia di metri». (k.g.)
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