Burgo, l'Udc scrive a Napolitano
Giardinelli: "In 133 in mobilità, riaprire la trattativa con l'azienda"
CHIETI. «È assurdo che la Burgo ci sbatta la porta in faccia, accettando una penale di 800 mila euro invece di darci incentivi». Davide Cellucci riassume l'umore dei 133 ex Burgo da domani in mobilità. Giorno in cui contano di andare in consiglio comunale. Qui l'Udc porterà una lettera indirizzata a Napolitano e i senatori Di Stefano, Pdl, e Legnini, Pd, affinché pressino sulla Burgo per riaprire la trattativa sindacale.
Venerdì il gruppo cartario con un mancato accordo ha chiuso ogni speranza anche su incentivi corposi all'esodo. «In questi anni hanno fatto solo chiacchiere», criticano i lavoratori, «e oggi siamo senza lavoro, pur avendo dato l'assenso alla demolizione della fabbrica su un accordo che prevedeva la nostra ricollocazione».
L'Udc vuole portare la vicenda a livello nazionale.
«Lunedì, auspicando l'adesione di altre forze politiche, portiamo in consiglio una lettera per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché intervenga per la riapertura delle trattative con la ditta Burgo», dice il capogruppo Alessandro Giadinelli, «stessa cosa che chiediamo ai senatori Fabrizio Di Stefano e Giovanni Legnini, rappresentanti della nostra città in Parlamento. La trattativa va riaperta per tentare di ricollocare alcuni lavoratori in stabilimenti Burgo e chiedere sconti sui terreni per le aziende che vogliano insediarsi nell'area riassorbendo gli ex Burgo».
Ieri Giardinelli e i colleghi Alessandro Orsini e Mario De Lio sono stati dai lavoratori in presidio.
Dal congresso napoletano di Rifondazione comunista interviene anche Riccardo Di Gregorio.
«La politica», dice, «non è riuscita a risollevare le sorti di uno stabilimento storico della nostra città e, se per Abruzzo Engineering s'è mossa quasi del tutto compatta, sul futuro dei lavoratori ex Burgo cala un silenzio assordante».
Stoccata al presidente di Confindustria Chieti: «Invece di scrivere al prefettto sul numero esagerato di rappresentanti in lista nelle ultime competizioni elettorali», conclude Di Gregorio, «Paolo Primavera pensi a come rilanciare la politica industriale».
Liberato Aceto di Uniti per Chieti ricorda che nel 2008 la Regione approvò una legge, su cui vanta la paternità, di vincolo industriale a 99 anni per la vallata teatina.
«Chiodi l'ha modificata ma In.Te. non ancora parte», osserva Aceto, «ora l'ingegner Merlino incolpa questa legge di aver fatto fuggire Eurospin. Niente di più falso, piuttosto gettasse giù la maschera e se, dopo 3 anni di tentativi, non emergesse alcun margine per il suo progetto, faccia spazio ad altri progettisti».
«Sono disgustato da chi fa finta di essere stupito. Tutti sapevano che quel che è successo ieri era scontato», afferma Enrico Iacobitti, segretario cittadino del Pd, «si fa demagogia sui lavoratori. Tra Di Primio, Di Stefano, e Febbo non hanno fatto nulla per soluzioni di ricollocazione degli ex Burgo".
Il centrodestra rimanda a vostre colpe.
«È irresponsabile parlare di colpa, in generale», risponde Iacobitti, «il primo In.Te. era in un accordo di programma che prevedeva finanziamenti governativi per chi si insediava. Chiodi non lo ha portato sul tavolo governativo e poi il governo Berlusconi ha tagliato i finanziamenti sugli accordi di programma. Di Primio, comunque, dice di aver ristrutturato il progetto ma nulla ancora s'è concretizzato. I sindacati contano già 7 mila posti di lavoro persi. Se la colpa è del centrosinistra» tiene a sottolineare, «allora i principali protagonisti del centrodestra cosa vogliono fare in concreto per creare posti di lavoro?».
Venerdì il gruppo cartario con un mancato accordo ha chiuso ogni speranza anche su incentivi corposi all'esodo. «In questi anni hanno fatto solo chiacchiere», criticano i lavoratori, «e oggi siamo senza lavoro, pur avendo dato l'assenso alla demolizione della fabbrica su un accordo che prevedeva la nostra ricollocazione».
L'Udc vuole portare la vicenda a livello nazionale.
«Lunedì, auspicando l'adesione di altre forze politiche, portiamo in consiglio una lettera per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché intervenga per la riapertura delle trattative con la ditta Burgo», dice il capogruppo Alessandro Giadinelli, «stessa cosa che chiediamo ai senatori Fabrizio Di Stefano e Giovanni Legnini, rappresentanti della nostra città in Parlamento. La trattativa va riaperta per tentare di ricollocare alcuni lavoratori in stabilimenti Burgo e chiedere sconti sui terreni per le aziende che vogliano insediarsi nell'area riassorbendo gli ex Burgo».
Ieri Giardinelli e i colleghi Alessandro Orsini e Mario De Lio sono stati dai lavoratori in presidio.
Dal congresso napoletano di Rifondazione comunista interviene anche Riccardo Di Gregorio.
«La politica», dice, «non è riuscita a risollevare le sorti di uno stabilimento storico della nostra città e, se per Abruzzo Engineering s'è mossa quasi del tutto compatta, sul futuro dei lavoratori ex Burgo cala un silenzio assordante».
Stoccata al presidente di Confindustria Chieti: «Invece di scrivere al prefettto sul numero esagerato di rappresentanti in lista nelle ultime competizioni elettorali», conclude Di Gregorio, «Paolo Primavera pensi a come rilanciare la politica industriale».
Liberato Aceto di Uniti per Chieti ricorda che nel 2008 la Regione approvò una legge, su cui vanta la paternità, di vincolo industriale a 99 anni per la vallata teatina.
«Chiodi l'ha modificata ma In.Te. non ancora parte», osserva Aceto, «ora l'ingegner Merlino incolpa questa legge di aver fatto fuggire Eurospin. Niente di più falso, piuttosto gettasse giù la maschera e se, dopo 3 anni di tentativi, non emergesse alcun margine per il suo progetto, faccia spazio ad altri progettisti».
«Sono disgustato da chi fa finta di essere stupito. Tutti sapevano che quel che è successo ieri era scontato», afferma Enrico Iacobitti, segretario cittadino del Pd, «si fa demagogia sui lavoratori. Tra Di Primio, Di Stefano, e Febbo non hanno fatto nulla per soluzioni di ricollocazione degli ex Burgo".
Il centrodestra rimanda a vostre colpe.
«È irresponsabile parlare di colpa, in generale», risponde Iacobitti, «il primo In.Te. era in un accordo di programma che prevedeva finanziamenti governativi per chi si insediava. Chiodi non lo ha portato sul tavolo governativo e poi il governo Berlusconi ha tagliato i finanziamenti sugli accordi di programma. Di Primio, comunque, dice di aver ristrutturato il progetto ma nulla ancora s'è concretizzato. I sindacati contano già 7 mila posti di lavoro persi. Se la colpa è del centrosinistra» tiene a sottolineare, «allora i principali protagonisti del centrodestra cosa vogliono fare in concreto per creare posti di lavoro?».
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