Caccia agli altri componenti della banda
I cinque, arrestati dopo la sparatoria, sono gli autori della rapina alla gioielleria del centro commerciale a Lanciano
LANCIANO. I cinque arresti di domenica hanno scongiurato l’esplosione di un altro bancomat, che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti vista la vicinanza ad appartamenti abitati e tubi del gas. Ma non si ferma la caccia dei carabinieri agli altri componenti della banda pugliese dedita all’assalto dei bancomat con l’esplosivo, che potrebbe aver commesso altri colpi nel Frentano e nel Sangro. I cinque arrestati, intanto, sarebbero gli autori della rapina alla gioielleria Sarni Oro, nel centro commerciale Lanciano, e del furto al bancomat della Bper a Mozzagrogna.
L’INTUIZIONE. Le indagini partono dal colpo del 26 marzo a Sarni, dove in tre, uno armato di fucile, minacciano i dipendenti e fuggono con gioielli per 150mila euro. A dare la scossa agli investigatori è l’intuizione del maresciallo Luca Menna, comandante della stazione di Archi, che porta ad individuare il basista del gruppo. L’ufficiale segnala la presenza anomala di un foggiano che, «come un pesce fuor d’acqua», alloggia spesso in un albergo di Piane d’Archi. E la sua presenza risulta anche in altre date e in altre zone, sempre in prossimità di qualche colpo. Come conferma l’assalto con esplosivo al bancomat del 1° maggio (bottino 30mila euro).
LAVORO DI SQUADRA. Da qui parte un gran lavoro di squadra, in sinergia tra le compagnie di Lanciano e Atessa, dirette da Vincenzo Orlando e Marco Ruffini, i reparti operativi e i comandanti delle stazioni di Archi e Bomba (luogotenente Vito Giallorenzo che la notte del blitz segue, da un appartamento, gli spostamenti della banda). I militari ricostruiscono le frequentazioni e gli spostamenti del basista, utilizzando anche rilevatori gps. Risalgono al covo scelto per il post-assalto, un casolare in territorio di Casoli, e ai possibili futuri obiettivi. Nel mirino c’è un postamat, che solitamente viene ricaricato il sabato, tra Piane d’Archi (dove i carabinieri monitorano anche lo sportello Ubi Banca) e Selva d’Altino, due zone vicine tra loro.
L’APPOSTAMENTO. Scatta una serie di appostamenti e controlli, fino ad arrivare alla notte tra sabato e domenica. Il luogotenente Federico Ciancio, comandante del Norm di Atessa, guida una quindicina di uomini, in divisa e in borghese, nella zona delle Poste di Piane d’Archi. Un’altra decina (anche del Norm di Lanciano) è appostata a Selva. I ladri, come sappiamo, scelgono il primo obiettivo, un postamat caricato con oltre 60mila euro.
SPARATORIA E FUGA. Ma il colpo fallisce e i carabinieri ingaggiano una sparatoria con i banditi, ferendo quello armato di kalashnikov alla tibia. Nel conflitto a fuoco restano coinvolti anche quattro ragazzi del posto, miracolosamente illesi (come testimoniano i fori di proiettile sulla loro auto). Nella fuga per raggiungere il covo e il basista, che aspettava i complici a bordo di una Citroen C3, i banditi abbandonano guanti, passamontagna e il kalashnikov (non ancora ritrovato) lungo il fiume Sangro. A pochi chilometri dal covo, e quindi dal farla franca, la banda viene acciuffata e arrestata.
IL PROCURATORE. Sorride il procuratore capo Mirvana Di Serio all’indomani degli arresti. «Sono soddisfatta, certo, ma è prematuro commentare», dice senza sbilanciarsi, «andiamo avanti con le indagini». Che proseguono per catturare gli altri componenti della banda, che di volta in volta si organizza con membri diversi per colpire punti studiati in precedenza dai basisti. Con i cinque arresti è comunque arrivata la risposta delle forze dell’ordine e della Procura ai tanti episodi di violenza che si sono consumati da marzo ad oggi. La Di Serio aveva chiesto alle forze dell’ordine «sforzi maggiori», anche raddoppiando i controlli, e aveva assicurato ai cittadini, ai quali chiedeva collaborazione, che si sarebbe venuti «a capo di questi atti criminali perché sono tutti allertati e siamo tutti a lavoro». L’interrogatorio dei cinque arrestati è previsto tra domani e giovedì.
(ha collaborato Teresa Di Rocco)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INTUIZIONE. Le indagini partono dal colpo del 26 marzo a Sarni, dove in tre, uno armato di fucile, minacciano i dipendenti e fuggono con gioielli per 150mila euro. A dare la scossa agli investigatori è l’intuizione del maresciallo Luca Menna, comandante della stazione di Archi, che porta ad individuare il basista del gruppo. L’ufficiale segnala la presenza anomala di un foggiano che, «come un pesce fuor d’acqua», alloggia spesso in un albergo di Piane d’Archi. E la sua presenza risulta anche in altre date e in altre zone, sempre in prossimità di qualche colpo. Come conferma l’assalto con esplosivo al bancomat del 1° maggio (bottino 30mila euro).
LAVORO DI SQUADRA. Da qui parte un gran lavoro di squadra, in sinergia tra le compagnie di Lanciano e Atessa, dirette da Vincenzo Orlando e Marco Ruffini, i reparti operativi e i comandanti delle stazioni di Archi e Bomba (luogotenente Vito Giallorenzo che la notte del blitz segue, da un appartamento, gli spostamenti della banda). I militari ricostruiscono le frequentazioni e gli spostamenti del basista, utilizzando anche rilevatori gps. Risalgono al covo scelto per il post-assalto, un casolare in territorio di Casoli, e ai possibili futuri obiettivi. Nel mirino c’è un postamat, che solitamente viene ricaricato il sabato, tra Piane d’Archi (dove i carabinieri monitorano anche lo sportello Ubi Banca) e Selva d’Altino, due zone vicine tra loro.
L’APPOSTAMENTO. Scatta una serie di appostamenti e controlli, fino ad arrivare alla notte tra sabato e domenica. Il luogotenente Federico Ciancio, comandante del Norm di Atessa, guida una quindicina di uomini, in divisa e in borghese, nella zona delle Poste di Piane d’Archi. Un’altra decina (anche del Norm di Lanciano) è appostata a Selva. I ladri, come sappiamo, scelgono il primo obiettivo, un postamat caricato con oltre 60mila euro.
SPARATORIA E FUGA. Ma il colpo fallisce e i carabinieri ingaggiano una sparatoria con i banditi, ferendo quello armato di kalashnikov alla tibia. Nel conflitto a fuoco restano coinvolti anche quattro ragazzi del posto, miracolosamente illesi (come testimoniano i fori di proiettile sulla loro auto). Nella fuga per raggiungere il covo e il basista, che aspettava i complici a bordo di una Citroen C3, i banditi abbandonano guanti, passamontagna e il kalashnikov (non ancora ritrovato) lungo il fiume Sangro. A pochi chilometri dal covo, e quindi dal farla franca, la banda viene acciuffata e arrestata.
IL PROCURATORE. Sorride il procuratore capo Mirvana Di Serio all’indomani degli arresti. «Sono soddisfatta, certo, ma è prematuro commentare», dice senza sbilanciarsi, «andiamo avanti con le indagini». Che proseguono per catturare gli altri componenti della banda, che di volta in volta si organizza con membri diversi per colpire punti studiati in precedenza dai basisti. Con i cinque arresti è comunque arrivata la risposta delle forze dell’ordine e della Procura ai tanti episodi di violenza che si sono consumati da marzo ad oggi. La Di Serio aveva chiesto alle forze dell’ordine «sforzi maggiori», anche raddoppiando i controlli, e aveva assicurato ai cittadini, ai quali chiedeva collaborazione, che si sarebbe venuti «a capo di questi atti criminali perché sono tutti allertati e siamo tutti a lavoro». L’interrogatorio dei cinque arrestati è previsto tra domani e giovedì.
(ha collaborato Teresa Di Rocco)
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