l'inchiesta

Carichieti, in fumo con le subordinate i 100mila euro della figlia morta

Il risarcimento per la tragedia stradale va perso a causa degli investimenti bancari: è una delle dieci denunce finite in Procura

CHIETI. E’ come se quella ragazza fosse morta due volte. La prima quando venne investita, la seconda quando centomila euro di risarcimento per la tragedia si sono trasformati in carta straccia. Senza alcun valore.

Il papà e la mamma, una coppia di San Giovanni Teatino, ebbero l’infelice idea di far fruttare quei soldi acquistando obbligazioni subordinate della Carichieti. Non hanno più nulla e ora dicono che è come se qualcuno avesse ucciso per la seconda volta la loro figliola. Sono storie choc, quasi come questa, le dieci denunce piombate ieri mattina sul tavolo del magistrato Giuseppe Falasca che ha riunito i casi in un unico fascicolo ed ha aperto un’inchiesta per truffa contro Carichieti, cioè nei confronti dell’ex management travolto dalla debacle della banca e dal decreto che ha raso tutto al suolo. I centomila euro pagati dall’assicurazione per la morte della ragazza di Sambuceto sono finiti nei meandri della bad bank. Per sperare di riaverli, i genitori hanno sporto denuncia penale attraverso il Codacons. Che ha quindi permesso alla procura di Chieti di muoversi e di cominciare ad indagare. Come riavrà i suoi danari l’imprenditore di Vasto che acquistò bond subordinati per 400mila euro? Delle dieci denunce questa contiene la somma più alta. Oppure l’artigiano di Chieti che a settembre dello scorso anno, quindi appena quattro mesi fa, si ritrovò a fare dei lavori in casa del direttore di un’altra banca cittadina, e questi si raccomandò con lui: «Non perda tempo, ritiri i suoi soldi da Carichieti perché sta andando a gambe all’aria!».

Non perse tempo l’artigiano teatino che aveva investito 170 mila euro in obbligazioni subordinate. Il giorno dopo si precipitò in Carichieti per ritirare i suoi risparmi. Ma non trovò nessuno con cui parlare. Ci tornò il giorno successivo, ma anche quella volta il tentativo di salvare il suo tesoretto andò a vuoto. Ci fu anche una terza volta quando però l’impiegata gli disse: «Non faccia l’errore di ritirarli perché la banca è solida. Mi creda, anch’io ho acquistato le stesse obbligazioni, non c’è alcun pericolo». E l’artigiano di Chieti non ha più nulla.

Ciascuna di quelle dieci denunce, compilate attraverso un fac-simile di Codacons, nasconde storie drammaticamente attuali.

E’ il Codacons nazionale ad occuparsi dell’aspetto penale, l’indirizzo di posta elettronica è truffaticarichieti@gmail.com. Quello provinciale, che fa capo all’avvocato francavillese Vittorio Ruggieri e risponde al numero telefonico 085/4547098, sta invece raccogliendo le richieste di responsabilità civili. Ma perché la truffa? Quando e come i dieci denuncianti, destinati ad aumentare, sono o sarebbero stati vittime di artifizi e raggiri da parte della Carichieti, quindi dell’impiegato o del direttore di filiale che li convinsero ad acquistare le obbligazioni subordinate, prodotti ad alto rischio?

La risposta è racchiusa in due parole: «Deficit informativo». E cioè al momento dell’acquisto delle famigerate obbligazioni subordinate ciascuno dei clienti Carichieti (in totale 728) doveva essere messo al corrente della situazione patrimoniale della banca, quindi delle sofferenze e delle perdite. Se Carichieti l’avesse fatto anche quei centomila euro della ragazza morta oggi erano al sicuro in un’altra banca.