Chiesta la libertà per l’armiere del clan Cozzolino

VASTO. Carlo Croce, 65 anni, una delle persone accusate dal collaboratore di giustizia, Lorenzo Cozzolino di fare parte dell’associazione camorristica che gestiva lo spaccio della droga nel Vastese, sta male. L’uomo, richiuso nella Casa lavoro di Torre Sinello, a Punta Penna, avrebbe accusato problemi di natura cardiaca. Il suo difensore, l’avvocato Fiorezo Cieri, ha chiesto per questo la scarcerazione. Cieri e tutti gli avvocati degli indagati dell’operazione Adriatico finiti manette, si sono appellati al Riesame. A breve sarà resa nota la data dell’udienza.

Carlo Croce e il figlio Lino, secondo Cozzolino, «avrebbero avuto nell’organizzazione un ruolo di rilievo perché introducevano la famiglia Cozzolino nel nuovo territorio e ne curavano gli interessi procurando loro armi e fonti di guadagno», si legge al punto 14 dell’ordinanza della Procura aquilana. Ai due Croce, Cozzolino fa riferimento anche in un altro passaggio. Si legge sull’ordinanza che «Cozzolino, Lino Croce e Carlo Croce in concorso fra loro detenevano e portavano in luogo pubblico armi da sparo. In particolare nel 2003 si recavano a casa di Joseph Martella armati di pistole 7,65 allo scopo di contrastare altri soggetti armati, appartenenti a un’organizzazione criminale campana che minacciava Martella». Al punto numero 74, Carlo Croce viene addirittura descritto come l’armiere del gruppo. «Dal 2003 al 2011 ha detenuto illecitamente per conto dell’organizzazione criminale un numero imprecisato di armi da sparo, comuni e da guerra».

«Sono accuse gravissime che fanno parte del passato e per le quali ci sono già stati altri processi», insiste l’avvocato Cieri. «Ad ogni buon conto le condizioni di salute del mio cliente non sono compatibili con il carcere», insiste l’avvocato Cieri.(p.c.)

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