Chieti, anziano attende 10 ore prima di essere curato
A 78 anni, dializzato e malato di cuore “parcheggiato” nel Pronto soccorso. Ha passato la giornata su una sedia a rotelle senza cibo, acqua e medicine
CHIETI. Dieci ore in Pronto soccorso prima di essere sottoposto a controlli medici e ricoverato nel reparto di Geriatria. Dieci ore trascorse su una sedia a rotelle accostata al muro del reparto senza medicine e cibo.
Stefania Gabriele affida alle pagine del Centro una storia amara accaduta al policlinico teatino che ha come protagonista il padre anziano e molto malato. «La mia non è solo rabbia per il modo con il quale mio padre è stato trattato da un punto di vista strettamente medico. Sono indignata per la scarsa umanità rivolta a un paziente di 78 anni, dializzato, cardiopatico e con un aneurisma all’aorta addominale di diversi centimetri. Nessuna parola di conforto, nessuna attenzione per 10 lunghe ore. Neppure per chiedere se avesse bisogno di un bicchiere d’acqua o la necessità di andare in bagno».
È furibonda la signora Stefania tornata a Chieti 8 anni fa dopo aver trascorso molti anni a Milano.
«Ho portato mio padre al Pronto soccorso del Santissima Annunziata mercoledì mattina» racconta la signora «lamentava dolori alla schiena e alle gambe. Camminava con difficoltà e mi sono fatta aiutare da un passante per arrivare a destinazione. Una volta arrivati alla reception lo hanno fatto accomodare con un codice giallo. Dopo un’ora siamo entrati nel reparto del Pronto soccorso e un medico mi ha assicurato che da lì a poco avrebbero avviato i controlli medici». La signora Stefania a quel punto è uscita dal reparto «per nonn affollare il corridoio» e ha atteso con pazienza una chiamata dal medico che aveva preso in consegna il padre.
«Ho aspettato tanto» prosegue la donna «ben sei ore prima che le porte del Pronto soccorso si riaprissero e prima di rendermi conto che mio padre era stato lasciato per tutto quel tempo accasciato sulla sedia a rotelle. Solo. Quando mi sono avvicinata mi sono accorta che si era fatto la pipì addosso e che tremava. A quel punto ho perso le staffe. Ho cercato un medico, ma in giro non si vedeva nessuno. Poi finalmente è arrivata una dottoressa che di fronte alle mie proteste per le lunghe attese e per lo stato di abbandono nel quale era stato lasciato mio padre mi ha risposto anche in modo poco garbato. Come dire, qui è inutile lamentarsi, abbiamo problemi di personale e con altri reparti che tardano a rilasciare l’esito delle analisi. Fatti comprensibili» commenta la signota Stefania «ma perché allora il reparto di Nefrologia del policlinico funziona in modo impeccabile anche se lì i problemi non mancano? I pazienti vengono rassicurati e trattati con umanità e dignità. Il paragone è inevitabile» spiega «dal momento che mio padre è sottoposto in quel reparto tre volte a settimana per sottoporsi alla dialisi». Manca poco alle 20, ma l’odissea non è ancora finita.
«Disperata perché nessuno mi ascoltava e mio padre era febbricitante, ho fatto quel che non si dovrebbe mai fare per un principio etico: chiamare al telefono una persona influente che in qualche modo potesse sbloccare una situazione diventata grottesca» riprende a raccontare «e infatti, magicamente , pochi minuti dopo mio padre è stato ricoverato nel reparto di Geriatria. Stanco, ancora bagnato, senza pranzo e cena. Senza le medicine, 13 pillole per combattere diverse patologie».
Ora il padre della combattiva signora Stefania sta meglio.
«Non racconto queste cose a cuor leggero» assicura la donna «ieri (giovedì per chi legge) a ora di pranzo sono andata a trovare mio padre in Geriatria e l’ho trovato con una pastiglia in bocca che non era riuscito a ingoiare dalla mattina. Sorvolo sul mio giudizio a riguardo anche se ritengo che una persona anziana dovrebbe essere seguita in modo più scrupoloso in ospedale anche in queste piccole cose». La signora Stefania ha documentato con foto l’odissea vissuuta dal papà, immortalando anche «una flebo sanguinante lasciata incustodita in un bagno del Pronto soccorso».
«Queste cose si devono sapere perché sono inaccettabili» dice prima di annunciare un esposto in procura per i fatti accaduti «la persona è sacra, la vita è sacra anche quando si hanno 80 anni. Nei luoghi di sofferenza va rispettata la dignità dell’individuo». Questa è la storia di un padre raccontata da una figlia amareggiata e indignata. Avremmo voluto conoscere anche la versione dei fatti da parte dei vertici della Asl ma non è stato possibile. Nonostante le numerose telefonate non abbiamo avuto risposta.