Chieti, fallimento Villa Pini: la curatrice in tribunale
L'avvocatessa Giuseppina Ivone oggi dovrà chiarire se il fallimento della casa di cura Villa Pini fu provocato dalla Asl che non pagava
CHIETI. Oggi è il giorno della verità nel processo che vede imputato per bancarotta fraudolenta Vincenzo Maria Angelini per il crac della clinica privata Villa Pini. Il curatore del fallimento della casa di cura, avvocato Giuseppina Ivone sarà sottoposta alle domande degli avvocati della difesa dell’ex re delle cliniche rappresentata dall’ avvocato Gianluigi Tucci.
Il processo riprende davanti al tribunale riunito in forma collegiale e presieduto dalla dottoressa Patrizia Medica dove l’accusa è rappresentata dal procuratore capo Pietro Mennini e dal sostituto Giuseppe Falasca.
Cosa chiederà la difesa alla curatrice di uno dei fallimenti più corposi degli ultimi anni? L’avvocatessa romana dovrà rispondere innanzitutto alla domanda chiave: dire se il fallimento Villa Pini è esogeno, ovvero provocato dall’esterno, dal fatto che la Asl di Chieti non avrebbe pagato i 150 milioni di accreditamento delle prestazioni. Quei 150 milioni che rientrano nei cosiddetti ricoveri inappropriati, così come decisi dalla ex amministrazione regionale guidata da Ottaviano Del Turco, finito nello scandalo della sanitopoli abruzzese insieme a buona parte della sua giunta.
La difesa sfodera un asso nella manica perché l’avvocatessa Ivone, quando aveva l’esercizio provvisorio della clinica fallita, prima che questa venisse data in affitto all’imprenditore Nicola Petruzzi della clinica di Abano Terme, fece un ricorso la Tar per ottenere l’accreditamento dalla Asl. Nelle motivazioni dell’istanza ai giudici amministrativi sostenne, dice la difesa di Angelini, che il fallimento della clinica privata era esogeno ossia provocato dal fatto che la Asl non avesse pagato gli accreditamenti.
Il legale dell’ex re delle cliniche chiederà poi se lo stato passivo del fallimento (l’ammontare dei debiti della casa di cura) sia realmente corrispondente a 228milioni, oppure se la somma è gonfiata per le insinuazioni infragruppo. Infine l’avvocato Tucci, che si avvale della consulenza dei commercialisti Sergio Spinelli e Pietro Iavarone chiederà che fine hanno fatto i 116 milioni che erano nelle casse della casa di cura. Nessuno li ha mai trovati, neanche alle Antille dove la procura pensa si trovino.
Insomma, se come sostiene la difesa, Angelini avesse avuto questi soldi, probabilmente la clinica Villa Pini non sarebbe fallita, presupposto essenziale per procedere per il reato di bancarotta fraudolenta.
Nella stessa udienza saranno ascoltati anche il dottore commercialista Sergio Cosentino, consulente della procura e il consulente della curatela fallimentare Labonia.
Imputati insieme ad Angelini sono la moglie Anna Maria Sollecito e la figlia Chiara. Ieri mattina proprio la figlia dell’ex magnate della sanità privata, al quale il padre prima della dichiarazione di fallimento, nel 2010, passò la gestione della clinica, è stata assolta dall’omesso versamento delle ritenute dei lavoratori con la formula piena: «perché il fatto non sussiste».©RIPRODUZIONE RISERVATA