Coca tagliata con i prodotti dell’ospedale
Camorra nel Vastese: in uno degli interrogatori Cozzolino racconta di un infermiere del San Pio che rubava lidocaina
VASTO. La droga della camorra viaggiava su Facebook e su Google. Attraverso Facebook venivano comunicati i quantitativi da acquistare e anche le sostanze da taglio.
Sulle operazioni di acquisto e confezionamento della droga, il collaboratore di giustizia Lorenzo Cozzolino è stato prodigo di dettagli e particolari. A suo dire a fornire la sostanza da taglio, utilizzata soprattutto dai nomadi, sarebbe stato un operatore sanitario. L’inchiesta è quella della Dia dell’Aquila sfociata la settimana scorsa in 31 arresti e 84 denunce
Al punto numero 14 dell’ordinanza di custodia cautelare emesso dalla Procura dell’Aquila nel lungo elenco di collaboratori fatto da Cozzolino c’è quello di un infermiere.
«Riforniva stabilmente il gruppo, dietro compenso di denaro, di sostanza da taglio, in particolare lidocaina, di cui aveva piena disponibilità nell’ambito della sua professione di infermiere», si legge nel dispositivo.
All’infermiere in questione è stata notificata la misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con divieto di uscire dall’abitazione dalle 22 alle 6.
L’accusato sarà ascoltato nei prossimi giorni.
«In quella sede chiarirà tutto e dimostrerà che il racconto di Cozzolino è falso», afferma con determinazione il difensore dell’infermie, l’avvocato Antonello Cerella.
«Il mio cliente ha fornito a Cozzolino la lidocaina, sostanza utilizzata come anestetico nello sport, solo una volta acquistandola su Internet. Il pentito aveva dichiarato di averne bisogno per lenire qualche dolore e comunque c’è una regolare fattura che conferma quello che dico», sostiene Antonello Cerella.
Non è l’unico a rigettare le accuse e sostenere che Cozzolino non ha detto la verità. Anche Carmine Bevilacqua, presunto socio in affari di Cozzolino insieme alle rispettive mogli, ieri mattina nel corso dell’interrogatorio che si è svolto nel carcere di Campobasso dove il rom è rinchiuso, ha definito le rivelazioni di Cozzolino non credibili e le ha rispedite al mittente.
Subito dopo si è chiuso a riccio avvalendosi della facoltà di non rispondere.
«È assolutamente necessario leggere bene gli atti che abbracciano un arco di tempo di dieci anni», afferma il il difensore di Bevilacqua, l’avvocato Giovanni Cerella. «Al momento il mio cliente ha preferito tacere sulle tante accuse che gli vengono contestate insistendo tuttavia sulla non veridicità del racconto di Cozzolino», ribadisce l’avvocato Cerella.
I passaggi più importanti e le accuse più gravi risalgono al 2008.
Cozzolino in quel periodo arrivò a rifornirsi di 50 chili di hascisc a settimana più massicce dosi di cocaina e eroina che arrivava a San Severo passando per l’Albania.
E proprio per lo spaccio della cocaina secondo Cozzolino , sarebbe stata fondamentale la figura di Bevilacqua.
«All’inizio lui voleva comprare da me, però i nomadi hanno l’abitudine di tagliare la roba. Allora io proposi una società: io ti dico che la cocaina la prendiamo a tanto e la si deve vendere a tanto, quello che ci fai tu non mi interessa, a me mi devi dare tanta», racconta nel corso di un interrogatorio Cozzolino. «Ha accusato i nomadi per difendere se stesso», insiste il difensore di Bevilacqua.
Su Carmine Bevilacqua sono riportati molti passaggi. Anche un agguato della famiglia Cozzolino contro di lui datato 13 luglio 2008 al quale il rom riuscì a sfuggire miracolosamente.
Da oggi i magistrati cominciano ad interrogare gli indagati agli arresti domiciliari e a seguire le persone colpite dall’obbligo di dimora. (p.c.)
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