Cozzolino, l’ira della cugina: «Non l’ho aiutato negli agguati»

Droga dalla camorra, anche Di Donato contro il pentito. Il tecnico Asl: mai presa lidocaina dall’ospedale Respinte dal giudice le contestazioni sui tempi ristretti tra notifica degli arresti e interrogatori

VASTO. Nessuno sa dove sia. Probabilmente è molto lontano dall’Abruzzo. Le sue rivelazioni-choc lo hanno allontanato anche dai familiari. Lorenza Cozzolino, 45 anni, la cugina di Lorenzo Cozzolino, 44 anni, il collaboratore di giustizia che con le sue dichiarazioni ha dato vita all’operazione anticamorra “Adriatico”, ha rispedito ieri mattina le accuse al mittente. «La mia cliente smentisce il racconto del cugino», dice l’avvocato di Lorenza Cozzolino, Alessandro Orlando. Lo stesso ha fatto un’altra persona finita agli arresti domiciliari: Giuseppe Di Donato. E racconta una storia molto diversa da quella di Cozzolino, il tecnico di laboratorio della Asl accusato di avere fornito sostanze da taglio per il confezionamento della droga. E mentre proseguono di interrogatori degli 84 indagati, il gip del tribunale dell’Aquila ha respinto le eccezioni presentante dal plotone di difensori degli accusati in merito ai tempi ristretti fra gli interrogatori e le notifiche degli arresti.

Lorenza Cozzolino. Il cugino ha alzato il velo su due attentati avvenuti a Vasto, l’8 giugno e il 13 luglio 2008 contro due nomadi, Ferdinando e Carmine Bevilacqua e ha raccontato il ruolo di Lorenza Cozzolino. Secondo il pentito sarebbe stata lei a fornire una base d’appoggio in città alla moglie Italia Belsole e alla figlia Giovanna dopo l’agguato. «Lorenza Cozzolino nega nella maniera più categorica ogni addebito», afferma l’avvocato Orlando. Anche Giuseppe Di Donato, indicato come addetto alla vendita della droga, in particolarte cocaina e hascisc, a Vasto e nel circondario, contesta le accuse.

L’operatore sanitario. Nel lungo elenco dei presunti collaboratori fatto da Cozzolino, compare anche il nome di un operatore sanitario che viene definito “infermiere”. Sarebbe stato lui a fornire al clan, dietro lauta ricompensa, le sostanze da taglio. «Tanto per cominciare non è un infermiere ma un addetto agli esami di laboratorio», esordisce il difensore, l’avvocato Antonello Cerella. «Oggi (ieri per chi legge, ndc) è stato interrogato dal gip Romano Gargarella e ha fornito la propria versione dei fatti. Lorenzo Cozzolino, sofferente per i dolori procurati da un proiettile conficcato nella schiena, si è rivolto a lui all’ospedale di Gissi chiedendo della lidocaina, un anestetico usato per lenire il dolore degli sportivi. La Asl non ha lidocaina nè a Vasto nè a Gissi. Il primario del reparto Analisi lo ha confermato», afferma Cerella. «A quel punto il mio cliente gli ha suggerito di acquistare la lidocaina su Internet. Cozzolino si è detto incapace di fare l’acquisto e allora il mio cliente gli ha fatto il favore. La lidocaina è stata pagata 1.200 euro e c’è una fattura che lo dimostra e che è stata consegnata al magistrato», afferma Antonello Cerella.

Le contestazioni. Subito dopo la retata, gli avvocati avevano contestato due cose: gli interrogatori arrivati dopo un lasso di tempo troppo breve fra la notifica e gli arresti e la necessità di arrestare persone per colpe già pagate e in ogni caso risalenti a molti anni fa. Ieri il giudice Gargarella ha rigettato la prima eccezione rimarcando che l’avviso di deposito degli atti era stato addirittura mandato via fax per accelerare i tempi e avvisare adeguatamente indagati e difensori. Sugli arresti, invece, deve pronunciarsi il Tribunale del riesame. Il verdetto dei giudici è atteso a breve. Intanto gli inquirenti proseguono gli interrogatori del pattuglione degli indagati, sia in Abruzzo che in Campania e Puglia. L’operazione Adriatico, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia, sfociò la scorsa settimana in 31 arresti, dei quali 18 in carcere, 11 ai domiciliari e in due obblighi di dimora. (p.c.)

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