Crac Angelini, l'inchiesta è chiusa
Il pm: bancarotta di 200 milioni per l'ex re delle cliniche, moglie e figlia
CHIETI. Un crac di circa 200 milioni di euro, con un monte di debiti (massa passiva) di 400 milioni. Sono le cifre da capogiro intorno alle aziende dell'ex re delle cliniche private Vincenzo Angelini. Le indagini preliminari per bancarotta fraudolenta sono state chiuse.
I principali indagati sono l'ex magnate della sanità privata Vincenzo Maria Angelini, la moglie Anna Maria Sollecito, la loro figlia Chiara, (assistiti dall'avvocato Sabatino Ciprietti) e anche i revisori di alcune società. Gli avvisi di conclusione delle indagini sono stati notificati venerdì.
La bancarotta si consuma intorno a 12 società, così dice il pool di magistrati, Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell'Orso. Sei fanno riferimento alle aziende sanitarie private: casa di cura Villa Pini, Maristella, SanStefar, Sanatrix, (quelle per le quali la curatela fallimentare ha concesso l'esercizio provvisorio), Santamaria e Piccolo rifugio La Cicala, e sei alle società di servizi a sostegno delle prime: Novafin (la holding), Seac, Verde, Verde 2, Logicon e Sistemi organizzativi. La società che non rientra nella inchiesta è la Gestioni manageriali.
Le indagini per bancarotta fraudolenta, culminate con l'arresto (ai domiliari) di Vincenzo Angelini, il 29 aprile 2010, sono state condotte dalla Guardia di Finanza. Erano partite singolarmente, poi i magistrati hanno riunito i fallimenti in una unico fascicolo. Il consulente della procura il commercialista Sergio Cosentino ha ricostruito tutti i presunti illeciti per cui gli Angelini sono finiti sotto processo, con l'aiuto delle fiamme gialle e della curatela fallimentare, rappresentata da Francesco Cancelli, e Giuseppina Ivone che di volta in volta, man mano hanno segnalato comportamenti illeciti degli amministratori delle società fallite.
Ben 400 i milioni di debiti accumulati, solo quelli della casa di cura sono 220 milioni. Debiti nei confronti soprattutto della banche, dei fornitori e non da ultimo dei dipendenti che sono rimasti oltre un anno senza stipendio.
In cima al castello delle diverse società c'è la Novafin, la holdig, controllata da Angelini e dalla moglie. Un piccolo impero che si divideva in diversi settori dalla cura delle persone e benessere con una quota del 45 per cento per le Terme di Popoli, sul tecnologico con la Logicon, sull'economia con Gestioni manageriali. Ma il maggiore interesse della spa si concentrava sulla sanità, società dalle quali ha drenato milioni circa 145 milioni. Sarà lo stesso Angelini che lo dirà nella sua relazione di bilancio 2007. Data fino alla quale la holding godeva di buona salutem nonostante vivesse tra continue vertenze con i fornitori non pagati e con i lavoratori affamati. I continui prelievi che gli Angelini facevano dalle casse della clinica privata erano sempre a favore o dei propri conti correnti o della Novafin.
Tanto che a Villa Pini, contrallata al 100 per cento, la Novafin doveva 95 milioni, la San Stefar era creditrice di 30 milioni, Maristella di 15 e Santa Maria di 12. Proprio su questa ultima si consuma il fallimento dello stesso Angelini perché la società, per un piccolo periodo di tempo, era stata una società in accomandita semplice, per la quale l'ex re delle cliniche rispondeva con il proprio patrimonio personale. La figlia maggiore Chiara entra nell'inchiesta perché nel marzo del 2009 il padre aveva trasferito l'amministrazione del gruppo Angelini tra cui San Stefar e Maristella.
I principali indagati sono l'ex magnate della sanità privata Vincenzo Maria Angelini, la moglie Anna Maria Sollecito, la loro figlia Chiara, (assistiti dall'avvocato Sabatino Ciprietti) e anche i revisori di alcune società. Gli avvisi di conclusione delle indagini sono stati notificati venerdì.
La bancarotta si consuma intorno a 12 società, così dice il pool di magistrati, Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell'Orso. Sei fanno riferimento alle aziende sanitarie private: casa di cura Villa Pini, Maristella, SanStefar, Sanatrix, (quelle per le quali la curatela fallimentare ha concesso l'esercizio provvisorio), Santamaria e Piccolo rifugio La Cicala, e sei alle società di servizi a sostegno delle prime: Novafin (la holding), Seac, Verde, Verde 2, Logicon e Sistemi organizzativi. La società che non rientra nella inchiesta è la Gestioni manageriali.
Le indagini per bancarotta fraudolenta, culminate con l'arresto (ai domiliari) di Vincenzo Angelini, il 29 aprile 2010, sono state condotte dalla Guardia di Finanza. Erano partite singolarmente, poi i magistrati hanno riunito i fallimenti in una unico fascicolo. Il consulente della procura il commercialista Sergio Cosentino ha ricostruito tutti i presunti illeciti per cui gli Angelini sono finiti sotto processo, con l'aiuto delle fiamme gialle e della curatela fallimentare, rappresentata da Francesco Cancelli, e Giuseppina Ivone che di volta in volta, man mano hanno segnalato comportamenti illeciti degli amministratori delle società fallite.
Ben 400 i milioni di debiti accumulati, solo quelli della casa di cura sono 220 milioni. Debiti nei confronti soprattutto della banche, dei fornitori e non da ultimo dei dipendenti che sono rimasti oltre un anno senza stipendio.
In cima al castello delle diverse società c'è la Novafin, la holdig, controllata da Angelini e dalla moglie. Un piccolo impero che si divideva in diversi settori dalla cura delle persone e benessere con una quota del 45 per cento per le Terme di Popoli, sul tecnologico con la Logicon, sull'economia con Gestioni manageriali. Ma il maggiore interesse della spa si concentrava sulla sanità, società dalle quali ha drenato milioni circa 145 milioni. Sarà lo stesso Angelini che lo dirà nella sua relazione di bilancio 2007. Data fino alla quale la holding godeva di buona salutem nonostante vivesse tra continue vertenze con i fornitori non pagati e con i lavoratori affamati. I continui prelievi che gli Angelini facevano dalle casse della clinica privata erano sempre a favore o dei propri conti correnti o della Novafin.
Tanto che a Villa Pini, contrallata al 100 per cento, la Novafin doveva 95 milioni, la San Stefar era creditrice di 30 milioni, Maristella di 15 e Santa Maria di 12. Proprio su questa ultima si consuma il fallimento dello stesso Angelini perché la società, per un piccolo periodo di tempo, era stata una società in accomandita semplice, per la quale l'ex re delle cliniche rispondeva con il proprio patrimonio personale. La figlia maggiore Chiara entra nell'inchiesta perché nel marzo del 2009 il padre aveva trasferito l'amministrazione del gruppo Angelini tra cui San Stefar e Maristella.
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