Crac Angelini, Villa Pini può riaprire
Trovato l'accordo tra Regione e curatori fallimentari per la riattivazione della clinica di Vincenzo Angelini. Ci vorranno pochi giorni. Intanto il tribunale dichiara fallite altre due società del gruppo Villa Pini
CHIETI. La clinica Villa Pini, ex regno di Vincenzo Angelini, può riaprire. Regione e curatrice fallimentare hanno trovato l'accordo per la riattivazione («tempo qualche giorno») della ospedalità privata, la riabilitazione intensiva e la specialistica ambulatoriale. La firma è arrivata nel giorno in cui il tribunale ha dichiarato fallite anche Maristella e SanStefar, altre due società del gruppo Angelini. Ora la procura dovrò accertare se la bancarotta fraudolenta, ipotizzata per Villa Pini srl, sia estensibile anche a queste due società.
L'intesa è stata trovata in base al nuovo budget di spesa per le prestazioni assegnato a Villa Pini per complessivi 19 milioni di euro per il 2010, quasi tre volte inferiore a quello degli anni precedenti, e circa quattro mesi dopo la chiusura della clinica - eccetto che nella parte della riabilitazione -, ex fiore all'occhiello della sanità privata, inghiottita nel fallimento Angelini, con i suoi 600 dipendenti in cassa integrazione.
IL BUDGET. La firma che può segnare una svolta in tutta la vicenda Villa Pini è stata posta dal commissario ad acta per la Sanità, Gianni Chiodi, e dalla curatrice fallimentare Giuseppina Ivone. Il contratto prevede 13 milioni di accreditamento per l'ospedalità privata e 5,5 per la riabilitazione intensiva (ex articolo 26). Per quanto riguarda la spcialistica ambulatoriale il budget è da definire, ma vale l'accordo per la riapertura. Manca a questo punto solo l'attivazione della psicoriabilitazione, ma l'assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni (Pdl) è ottimista anche su questo: «I problemi organizzativi saranno risolti nel giro di poco tempo». «Questa», continua l'assessore, «è la nostra risposta alle richieste dei pazienti e dei lavoratori e a tutti coloro che non hanno creduto nell'attività del governo regionale per malafede o per continuare a violare le regole». Regole che per Venturoni devono essere sempre le stesse per tutte le cliniche. «Perché», ripete, «è la Regione che decide quante prestazioni deve fare il privato, prima invece il sistema era stato sovvertito».
LE RIASSUNZIONI. Per Villa Pini si pone il problema della riorganizzazione con la riassunzione di una parte dei dipendenti. «Ci auguriamo che la firma sia il primo passo di un nuovo percorso», commenta Davide Farina della Cisl, «l'aspetto negativo è che con questo budget ridimensionato si dovrà fare ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti che dovranno continuare a restare a casa. Quanti? A questo punto la trattativa si apre con la curatrice fallimentare».
IL TRIBUNALE. L'altra notizia sul fallimento Maristella e SanStefar era stata in sostanza già annunciata e attendeva solo la sua formalizzazione, da quando i giudici, Geremia Spiniello, Adolfo Ceccarini e Nicola Valletta, con decreto, lo scorso 19 maggio, avevano dichiarato inammissibile la proposta di concordato preventivo richiesto ai creditori dall'amministratore delle società, Chiara Angelini, figlia dell'ex re delle cliniche.
Secondo il tribunale non ci sono le condizioni, le garanzie previste dalla legge per concedere agli amministratori di Maristella e Sanstefar, l'alternativa al fallimento.
Le società, che fanno capo a diversi centri di riabilitazione psicomotoria e case famiglia, sparsi su tutta la costa adriatica abruzzese e molisana e che contano circa 700 dipendenti, (non pagati da oltre 14 mesi), sono in condizioni economico-finanziarie particolarmente critiche. E del resto i crediti potenziali, vantati dalle società nella proposta di concordato, non controbilanciano adeguatamente il grosso buco debitorio.
Nella sentenza di fallimento, comunque, i giudici hanno concesso l'esercizio provvisorio dei centri di riabilitazione che saranno gestiti dai curatori fallimentari. Un beneficio che invece era stato negato alle altre cinque società del gruppo Angelini, fra le quali la Novafin, holding del gruppo, dichiarate fallite dallo stesso tribunale nei primi di maggio, considerato il diverso scopo sociale di queste, tutte impegnate in servizi, attività amministrative a sostegno del gruppo sanitario privato.
LA PROCURA. Con la dichiarazione di fallimento di SanStefar e Maristella, si apre un varco anche sotto l'aspetto penale.
Il pool di magistrati (Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell'Orso) che sta indagando sull'ipotesi di bancarotta fraudolenta nei confronti di Vincenzo Angelini (finito agli arresti domiciliari e poi scarcerato) dovrà verificare se l'ipotesi di indagine possa essere estensibile anche alle due società amministrate da Chiara, figlia maggiore dell'ex patron della sanità privata. Alla giovane manager il padre, nel marzo del 2009, aveva trasferito l'amministrazione del gruppo tra cui appunto i centri di SanStefar e Maristella.
L'ex re delle cliniche aveva deciso di cedere il passo alla terza generazione della famiglia (alcuni incarichi sociali li ha anche la figlia più piccola Federica), a 8 mesi dalle confessioni rese alla procura di Pescara che nel luglio del 2008 travolsero l'ex giunta regionale del presidente Ottaviano Del Turco.
L'intesa è stata trovata in base al nuovo budget di spesa per le prestazioni assegnato a Villa Pini per complessivi 19 milioni di euro per il 2010, quasi tre volte inferiore a quello degli anni precedenti, e circa quattro mesi dopo la chiusura della clinica - eccetto che nella parte della riabilitazione -, ex fiore all'occhiello della sanità privata, inghiottita nel fallimento Angelini, con i suoi 600 dipendenti in cassa integrazione.
IL BUDGET. La firma che può segnare una svolta in tutta la vicenda Villa Pini è stata posta dal commissario ad acta per la Sanità, Gianni Chiodi, e dalla curatrice fallimentare Giuseppina Ivone. Il contratto prevede 13 milioni di accreditamento per l'ospedalità privata e 5,5 per la riabilitazione intensiva (ex articolo 26). Per quanto riguarda la spcialistica ambulatoriale il budget è da definire, ma vale l'accordo per la riapertura. Manca a questo punto solo l'attivazione della psicoriabilitazione, ma l'assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni (Pdl) è ottimista anche su questo: «I problemi organizzativi saranno risolti nel giro di poco tempo». «Questa», continua l'assessore, «è la nostra risposta alle richieste dei pazienti e dei lavoratori e a tutti coloro che non hanno creduto nell'attività del governo regionale per malafede o per continuare a violare le regole». Regole che per Venturoni devono essere sempre le stesse per tutte le cliniche. «Perché», ripete, «è la Regione che decide quante prestazioni deve fare il privato, prima invece il sistema era stato sovvertito».
LE RIASSUNZIONI. Per Villa Pini si pone il problema della riorganizzazione con la riassunzione di una parte dei dipendenti. «Ci auguriamo che la firma sia il primo passo di un nuovo percorso», commenta Davide Farina della Cisl, «l'aspetto negativo è che con questo budget ridimensionato si dovrà fare ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti che dovranno continuare a restare a casa. Quanti? A questo punto la trattativa si apre con la curatrice fallimentare».
IL TRIBUNALE. L'altra notizia sul fallimento Maristella e SanStefar era stata in sostanza già annunciata e attendeva solo la sua formalizzazione, da quando i giudici, Geremia Spiniello, Adolfo Ceccarini e Nicola Valletta, con decreto, lo scorso 19 maggio, avevano dichiarato inammissibile la proposta di concordato preventivo richiesto ai creditori dall'amministratore delle società, Chiara Angelini, figlia dell'ex re delle cliniche.
Secondo il tribunale non ci sono le condizioni, le garanzie previste dalla legge per concedere agli amministratori di Maristella e Sanstefar, l'alternativa al fallimento.
Le società, che fanno capo a diversi centri di riabilitazione psicomotoria e case famiglia, sparsi su tutta la costa adriatica abruzzese e molisana e che contano circa 700 dipendenti, (non pagati da oltre 14 mesi), sono in condizioni economico-finanziarie particolarmente critiche. E del resto i crediti potenziali, vantati dalle società nella proposta di concordato, non controbilanciano adeguatamente il grosso buco debitorio.
Nella sentenza di fallimento, comunque, i giudici hanno concesso l'esercizio provvisorio dei centri di riabilitazione che saranno gestiti dai curatori fallimentari. Un beneficio che invece era stato negato alle altre cinque società del gruppo Angelini, fra le quali la Novafin, holding del gruppo, dichiarate fallite dallo stesso tribunale nei primi di maggio, considerato il diverso scopo sociale di queste, tutte impegnate in servizi, attività amministrative a sostegno del gruppo sanitario privato.
LA PROCURA. Con la dichiarazione di fallimento di SanStefar e Maristella, si apre un varco anche sotto l'aspetto penale.
Il pool di magistrati (Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell'Orso) che sta indagando sull'ipotesi di bancarotta fraudolenta nei confronti di Vincenzo Angelini (finito agli arresti domiciliari e poi scarcerato) dovrà verificare se l'ipotesi di indagine possa essere estensibile anche alle due società amministrate da Chiara, figlia maggiore dell'ex patron della sanità privata. Alla giovane manager il padre, nel marzo del 2009, aveva trasferito l'amministrazione del gruppo tra cui appunto i centri di SanStefar e Maristella.
L'ex re delle cliniche aveva deciso di cedere il passo alla terza generazione della famiglia (alcuni incarichi sociali li ha anche la figlia più piccola Federica), a 8 mesi dalle confessioni rese alla procura di Pescara che nel luglio del 2008 travolsero l'ex giunta regionale del presidente Ottaviano Del Turco.
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