Crisi San Stefar: basta con le promesse

I 30 dipendenti del centro riabilitativo scrivono ai politici locali

LANCIANO. Stanchi di lavorare senza stipendio, in locali sottoposti a sfratto e con le caldaie rotte, circa 30 dipendenti del San Stefar di via Parma hanno inviato una lettera ai politici locali perchè, dopo le promesse di aiuto, passino ai fatti. La missiva è stata spedita a due giorni dalla scadenza del termine per la vendita dei 19 centri riabilitativi dell'ex gruppo Angelini, fissata per venerdì.

«Sembra la storia infinita». Così i 30 dipendenti del centro di riabilitazione San Stefar, il più grande dell'ex gruppo Angelini, definiscono in una lettera inviata ai politici locali, la vicenda lavorativa, e di vita, che li coinvolge da due anni, ossia dal crack della proprietà.

«Dopo il fallimento, avvenuto quasi un anno fa, si sperava nella risoluzione della vicenda, ma così non è accaduto», scrivono i lavoratori, «quotidianamente continuiamo a garantire ai circa 160 pazienti trattamenti riabilitativi effettuati con professionalità, costanza e dedizione, nonostante lavoriamo in locali sui quali incombe lo sfratto, alcuni riscaldati con le stufette elettriche a causa della rottura delle caldaie. Senza stipendio da 4 mesi e con il blocco degli accreditamenti. Adesso c'è anche il problema di trovare il posto auto per i pazienti disabili, per via dei lavori in corso nell'adiacente parcheggio di via Milano».

Una situazione difficile che ha portato, negli anni, i politici a manifestare ai lavoratori solidarietà, comprensione, a fare promesse che, sottolineano i dipendenti, tali sono rimaste. «Ci piacerebbe che molti dei nostri "politicanti" provassero a lavorare mesi e mesi senza stipendio e senza certezze e vedere l'effetto che provocherebbe», scrivono i fisioterapisti, «a noi interessa continuare a fare il nostro lavoro ed essere retribuiti per questo. Ma vogliamo che i politici ci aiutino veramente». Il centro San Stefar è aperto da oltre 30 anni in città.

Fra due giorni saranno aperte le buste delle offerte di acquisto dei centri riabilitativi, il cui prezzo di vendita è stato fissato a 8 milioni di euro dal giudice delegato del tribunale civile di Chieti, Adolfo Ceccarini. «Speriamo ci siano dei compratori», concludono i dipendenti, «altrimenti sarà la fine».

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