Cure tagliate, la solidarietà arriva da tutta Italia
Telefonate da Nord a Sud alla nonna che ha segnalato al Tg1 il caso della nipotina di sette mesi rimasta senza riabilitazione. Silenzio di Asl e Regione
LANCIANO. Da un lato la solidarietà di tante famiglie italiane; dall’altro il silenzio assordante di Regione e Asl e la consapevolezza di doversi curare fuori regione. Sono le conseguenze dell’ascesa sulla ribalta nazionale, tramite il servizio del Tg1 delle 20 di giovedì, del caso della bimba di 7 mesi di Lanciano che non riesce ad accedere alle cure riabilitative, di cui ha estremo bisogno, perché il centro San Stefar ha terminato il budget a disposizione della Regione e assicura le terapie solo a pagamento.
Un caso, purtroppo, non isoalto ma che accomuna 300 persone, di cui 100 sono bambini. «Siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla solidarietà dimostrata da tante famiglie non solo della zona di Lanciano ma di tutta Italia», dice Luigina Scappini, la nonna della piccola che ha sollevato il caso delle cure negate e presentato un esposto in Procura affinchè si chiarisca quello che sta succedendo in città e raccolto 120 firme da presentare al commissario regionale alla sanità, Gianni Chiodi. «Da due giorni il telefono squilla in continuazione», riprende la Scappini, «sono persone che ci conoscono, altre che hanno contattato la Rai e il Tg1 per avere il nostro numero telefonico. Stiamo ascoltando, soprattutto mio figlio e mia nuora, storie come quella di mia nipote, ma che si chiudono, almeno al Nord, con la possibilità di curarsi tramite servizio convenzionato».
La chiamata più commovente la famiglia l’ha ricevuta da Cremona. «È anche la più rocambolesca», dice la Scappini, «del padre di una bimba che ha problemi motori gravi che ha addirittura chiamato i carabinieri per parlare con noi. Ha raccontato una storia drammatica, come purtroppo altre, che pesano sul cuore, ma ci ha anche voluto indicare il nome di un medico che può essere utile per aiutare mia nipote».
Ed ecco che la famiglia partirà alla volta di Cremona, con tutto quello che il viaggio comporta: costi aggiuntivi, distacco dalla propria casa e speranza di poter vedere una luce, quella che non c’è in città e in Abruzzo. «Curarsi qui è impossibile se non a pagamento», conclude la Scappini, «ci sono persone che non possono farlo e non possono neanche andare fuori regione, ma che non devono pagare perché hanno diritto, come è anche scritto sull’autorizzazione che il distretto sanitario rilascia, a cure ineluttabili. Ho presentato un esposto in Procura, spero che non sia stato fatto a vuoto. Attendo risposte da Asl e Regione, ma non arrivano».
Un silenzio, quello di Asl e Regione, che indica che non c’è soluzione? O che bisogna curarsi fuori città, fuori Regione? Un silenzio che ha il volto di 300 persone che attendono di potersi curare.
Teresa Di Rocco
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