D'Annunzio, salve le lauree in fisioterapia Cento studenti vincono il ricorso al Tar
Annullato il decreto del rettore della D’Annunzio che aveva cancellato immatricolazioni e carriere. Nel mirino dell’ateneo, i benefici conseguenti alla frequentazione di un corso a Cosenza negli anni ’90
PESCARA. Il Tar tutela la laurea in fisioterapia di 100 studenti della D’Annunzio, accoglie il loro ricorso e ne blinda il percorso universitario che un decreto del rettore della D’Annunzio aveva azzerato un anno fa, mettendo a rischio attività lavorative già avviate da anni.
Al centro del braccio di ferro, la frequentazione prima del 1995 di un corso per massofisioterapista all’Istituto nazionale corsi professionali (Incp) di Cosenza della durata di tre anni e di oltre 900 ore, che consentiva di conseguire un diploma. Gli studenti avevano quindi ottenuto l’immatricolazione per la laurea in fisioterapia all’università di Chieti-Pescara e, grazie ai benefici della cosiddetta riconversione creditizia, nel 2005 (la maggior parte di loro, almeno) avevano ottenuto la triennale, aprendo successivamente un’attività.
Nel 2009, però, l’università ha comunicato l’avvio del procedimento di revoca dei benefici sulla base del fatto che il titolo di studio rilasciato dall’Incp non era considerato idoneo. Così, il 4 aprile 2012, con un decreto, il rettore ha annullato le immatricolazioni al corso di laurea in fisioterapia, la carriera universitaria e l’eventuale titolo di studio conseguito. Di fatto, un colpo di spugna sui curricula.
Nei ricorsi al Tar curati da una serie di avvocati e accolti dai giudici amministrativi, è stato sottolineato come il provvedimento era stato adottato dall’università a distanza di un notevole lasso di tempo dal conseguimento della laurea e dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, senza che fossero stati svolti atti istruttori o a carattere intermedio. Inoltre, non erano state indicate le ragioni di interesse pubblico all’annullamento e non era stata effettuata un’adeguata comparazione tra lo stesso interesse pubblico e quello degli universitari.
Ricorda infatti il Tar: «Tra i principi generali dell’attività amministrativa, è ricompreso anche quello della ragionevole durata del procedimento che, una volta avviato, deve concludersi entro un termine ragionevole, trascorso il quale deve considerarsi come abbandonato. Nel caso di specie, la laurea triennale è stata conseguita nel 2005 e l’università solo nel 2012 ha disposto l’impugnato annullamento d’ufficio dell’immatricolazione».
L’ateneo ha esercitato il cosiddetto «potere di autotutela», ma lo ha fatto, scrive il collegio presieduto da Michele Eliantonio (e composto anche da Dino Nazzaro e Massimiliano Balloriani), «dopo che il procedimento si era ormai estinto e a distanza di un periodo di tempo - 7 anni dal conseguimento del titolo di studio – che non può ritenersi ragionevole in relazione agli accertamenti istruttori che si sarebbero dovuti svolgere».
Non solo, spiegano i giudici, ma per esercitare il potere d’annullamento d’ufficio «occorre dare adeguatamente conto della sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell’atto o alla cessazione dei suoi effetti».
L’università non lo ha fatto, così come non ha effettuato neppure la «ponderazione degli interessi coinvolti, pubblici e privati, considerando per un verso la particolare posizione dei ricorrenti che da anni svolgono un’attività lavorativa che presuppone il possesso della laurea, e per altro verso che era ormai decorso un periodo di tempo rilevantissimo dal conseguimento di quest’ultima».
Il Tar, infine, ritiene che il decreto del rettore non sia neppure sorretto da un’adeguata motivazione perché richiama sentenze del Consiglio di Stato che si riferiscono a corsi, annuali, istituiti dall’Incp di Cosenza tra il 1995 e il 1996.
Gli studenti della D’Annunzio, invece, «hanno conseguito il titolo in anni precedenti sulla base di una presa d’atto ministeriale e non già regionale, e soprattutto dopo avere svolto un corso triennale».
Di qui, l’accoglimento in toto dei ricorsi e l’annullamento del provvedimento dell’università.
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