De Cecco: «Vicenda assurda Siamo innocenti, ecco i motivi»
L’azienda interviene dopo che il presidente e due dirigenti sono stati citati a giudizio dalla procura «No alle strumentalizzazioni: abbiamo sempre rispettato la legge e garantito la massima qualità»
CHIETI. «La vicenda è assurda e rischia solo di essere strumentalizzata ad arte. Sono quasi due secoli che ci onoriamo di essere mugnai e abbiamo sempre rispettato le regole e garantito altissima qualità del prodotto: la magistratura faccia presto». Così l’azienda De Cecco di Fara San Martino, terza produttrice al mondo di pasta, interviene dopo che sono stati citati a giudizio davanti al tribunale di Chieti, con l’accusa di frode in commercio, il presidente Filippo Antonio De Cecco, 78 anni, Mario Aruffo (67) e Vincenzo Villani (59), all’epoca dei fatti rispettivamente direttore degli acquisti e direttore della qualità, e la stessa società (per responsabilità amministrativa). Il processo inizierà il 3 maggio del prossimo anno.
«Il caso», ricostruiscono dall’azienda, «risale a fine 2019, quando la De Cecco acquistò una piccola partita di grano francese, di eccellente qualità, utilizzata per la produzione di pasta fino a maggio 2020 nella misura del 7 per cento del totale del grano macinato. Un ex dirigente (licenziato per giusta causa e che conserva grave inimicizia verso la società, tanto da aver intentato contro l’azienda numerose cause, poi rigettate) ha ritenuto di denunciare il fatto all’autorità penale evidenziando che sul pacco di pasta si legge con “migliori grani, italiani, californiani e dell’Arizona”».
Il pubblico ministero Giuseppe Falasca in prima battuta aveva chiesto l’archiviazione, ritenendo che il reato contestato fosse «del tutto destituito di fondamento». L’azienda aggiunge: «Tutte le informazioni sulla provenienza del grano erano riportate in modo chiaro: sulla parte anteriore del pacco di pasta era riportata la dicitura della provenienza dei grani italiani californiani e dell’Arizona, mentre nella parte anterioreposteriore, ad integrazione dell’informazione veniva correttamente riportata la provenienza del grano da paesi Ue e non Ue. Era evidente, dunque, che quella confezione risultava conforme alla disciplina obbligatoria sulla provenienza della materia prima, poiché riportava in modo chiaro la seguente informazione: “Pasta di semola di grano duro contenente soia - paese di provenienza del grano: paesi Ue e non Ue; paese di molitura Italia». Una tesi non condivisa dal giudice Luca De Ninis, che ha ordinato l’imputazione coatta. «La complessiva informazione veicolata dalle reclame e dalle confezioni di pasta in esame», si legge sull’ordinanza, «non permette affatto al consumatore di comprendere che per la produzione siano stati utilizzati anche grani di provenienza diversa dagli Stati specificamente indicati, cioè diversi da Italia, California e Arizona». Per il giudice, dunque, siamo in presenza di un’informazione commerciale «non adeguatamente corretta dalla mera indicazione di provenienza da “paesi Ue e non Ue” riportata sulle stesse confezioni».
L’azienda replica così: «Anche l’Autorità garante per il commercio e il mercato (Agcm) ed il ministero per lo Sviluppo economico si erano già espressi sull’argomento ritenendo i pack De Cecco a norma di legge. Con l’Agcm la De Cecco ha avuto un lungo confronto già dal 2019 che ha portato a concordare che sul fronte dell’involucro ci fosse la scritta relativa ai migliori grani e sul retro dello stesso involucro ci fosse scritto “Grani Ue e non Ue”, concordando anche di togliere la bandiera italiana. Il ministero poi, causa emergenza per pandemia, attraverso la circolare dell’aprile del 2020, aveva autorizzato le aziende italiane a utilizzare i vecchi pack ancora per l’intero anno 2020, rimandando le variazioni all’anno successivo». De Cecco conclude così: «È falso dire che il grano italiano è il massimo della qualità sempre e comunque, non è così: noi abbiamo sempre cercato di reperire le migliori qualità di grano in Italia ed all’estero».
«Il caso», ricostruiscono dall’azienda, «risale a fine 2019, quando la De Cecco acquistò una piccola partita di grano francese, di eccellente qualità, utilizzata per la produzione di pasta fino a maggio 2020 nella misura del 7 per cento del totale del grano macinato. Un ex dirigente (licenziato per giusta causa e che conserva grave inimicizia verso la società, tanto da aver intentato contro l’azienda numerose cause, poi rigettate) ha ritenuto di denunciare il fatto all’autorità penale evidenziando che sul pacco di pasta si legge con “migliori grani, italiani, californiani e dell’Arizona”».
Il pubblico ministero Giuseppe Falasca in prima battuta aveva chiesto l’archiviazione, ritenendo che il reato contestato fosse «del tutto destituito di fondamento». L’azienda aggiunge: «Tutte le informazioni sulla provenienza del grano erano riportate in modo chiaro: sulla parte anteriore del pacco di pasta era riportata la dicitura della provenienza dei grani italiani californiani e dell’Arizona, mentre nella parte anterioreposteriore, ad integrazione dell’informazione veniva correttamente riportata la provenienza del grano da paesi Ue e non Ue. Era evidente, dunque, che quella confezione risultava conforme alla disciplina obbligatoria sulla provenienza della materia prima, poiché riportava in modo chiaro la seguente informazione: “Pasta di semola di grano duro contenente soia - paese di provenienza del grano: paesi Ue e non Ue; paese di molitura Italia». Una tesi non condivisa dal giudice Luca De Ninis, che ha ordinato l’imputazione coatta. «La complessiva informazione veicolata dalle reclame e dalle confezioni di pasta in esame», si legge sull’ordinanza, «non permette affatto al consumatore di comprendere che per la produzione siano stati utilizzati anche grani di provenienza diversa dagli Stati specificamente indicati, cioè diversi da Italia, California e Arizona». Per il giudice, dunque, siamo in presenza di un’informazione commerciale «non adeguatamente corretta dalla mera indicazione di provenienza da “paesi Ue e non Ue” riportata sulle stesse confezioni».
L’azienda replica così: «Anche l’Autorità garante per il commercio e il mercato (Agcm) ed il ministero per lo Sviluppo economico si erano già espressi sull’argomento ritenendo i pack De Cecco a norma di legge. Con l’Agcm la De Cecco ha avuto un lungo confronto già dal 2019 che ha portato a concordare che sul fronte dell’involucro ci fosse la scritta relativa ai migliori grani e sul retro dello stesso involucro ci fosse scritto “Grani Ue e non Ue”, concordando anche di togliere la bandiera italiana. Il ministero poi, causa emergenza per pandemia, attraverso la circolare dell’aprile del 2020, aveva autorizzato le aziende italiane a utilizzare i vecchi pack ancora per l’intero anno 2020, rimandando le variazioni all’anno successivo». De Cecco conclude così: «È falso dire che il grano italiano è il massimo della qualità sempre e comunque, non è così: noi abbiamo sempre cercato di reperire le migliori qualità di grano in Italia ed all’estero».