Elezioni del rettore Vacca: porterò giovani competenti

Il preside di Farmacia in corsa per il vertice della D’Annunzio «L’ateneo ha bisogno di aprirsi alle aziende e agli enti»

CHIETI. Ha alle spalle 42 anni di esperienza in università, ma Michele Vacca, preside della facoltà di Farmacia, vive la candidatura a rettore con l’entusiasmo di un ragazzo. «È emozionante», dice, «e non solo perché si tratta di una cosa nuova, ma anche perché ci si mette in competizione con gli altri». Insieme a lui, nella corsa alla più alta carica della D’Annunzio, concorrono Carmine Di Ilio, preside di Medicina, Gaetano Bonetta, preside di Scienze della formazione, e Raffaele Tenaglia, direttore della clinica Urologica.

Professore, lei è il candidato dell’ultima ora.

«Sono rientrato in gara con le dimissioni di Franco Cuccurullo. Il mio nome come rettore era venuto fuori già qualche anno fa, ma io ho un profondo rispetto delle istituzioni e non ho mai fatto questo passo. Poi,con la legge Gelmini, sono stato escluso per motivi anagrafici: pochi mesi mi tagliavano fuori. Mi è dispiaciuto molto, e sono stato contento, successivamente, di aver avuto l’opportunità di mettermi in gioco. Ora partecipo con umiltà e entusiasmo. In ogni caso, se dovessi vincere mi sono dato un tempo: mi concedo due anni per fare un buon lavoro, in caso contrario avrò il buon gusto di interrompere il mandato».

Come sta vivendo la campagna elettorale, sente la competizione?

«Spero che sia una competizione degna di tal nome: si tratta di un posto importante da cui dipende il futuro della D’Annunzio. L’eredità è pesante, Cuccurullo ha dato molto a questo ateneo, è stato un ottimo rettore nei primi tre mandati. Per il resto, sto girando le facoltà, e dico a tutti coloro che incontro di voler essere giudicato per quello che sono, per quello che faccio e per il mio programma».

Parla spesso della centralità degli studenti nell’ateneo.

«Non ho figli, ho più di 42 anni di servizio: il lavoro mi mantiene vivo. Pochi giorni fa ero a Lingue e un ragazzo mi ha chiesto, lei com’è con gli studenti? Gli ho detto: chiedilo ai giovani della mia facoltà, l’università è vostra».

Nel programma ha fatto i nomi di alcuni docenti che vorrebbe in squadra, scatenando qualche polemica.

«Avrei in animo di circondarmi di giovani competenti nelle diverse discipline. Una vera e propria équipe. Ho fatto alcuni nomi dei componenti della mia squadra ideale, in caso di vittoria. Nessuno di loro lo sapeva prima».

A quali punti del suo programma tiene in modo particolare?

«Chieti ha avuto tantissimo, Pescara è stata un tantino trascurata: se dovessero arrivare soldi dal ministero dovrebbe venire prima la sede di viale Pindaro, senza abbandonare il resto. E poi, voglio rafforzare i rapporti dell’università con aziende, comuni, province. L’unione fa la forza».

Però non ha partecipato all’incontro di Confindustria con i candidati.

«Non sono andato perché ero sceso in campo da pochi giorni e avevo già una serie di incontri in università. Ma la mia apertura nei confronti di Confindustria è piena: il rapporto con le aziende deve essere asse portante».

Cosa pensa della fondazione D’Annunzio?

«Si deve riconoscere che è un centro di eccellenza, però bisogna darle il giusto significato. È la fondazione che deve dare soldi all’università, non il contrario. Si può decidere di tenerla, ma deve tornare nell’alveo della D’Annunzio o la sua rendicontazione deve essere degna di questo nome. Insomma, o rientra, o deve camminare con le proprie gambe».

E come giudica la fusione D’Annunzio-ateneo telematico Da Vinci?

«Il Da Vinci è stata un’impresa senza risultati eccezionali, vediamo se la fusione ci possa fruttare qualcosa in più. Il professor Paolone con il suo intervento mi ha chiarito le idee, ma erano cose in merito alle quali il senato accademico non è mai entrato».

©RIPRODUZIONE RISERVATA