Fallimento Lanciano, cinque indagati
La Finanza ha chiuso l'inchiesta: ipotizzati i reati di bancarotta e distrazione di fondi
LANCIANO. L'inchiesta per il fallimento della Ss Lanciano calcio è giunta a un bivio. La Guardia di Finanza, infatti, ha rimesso alla Procura un dettagliato rapporto sulla vicenda e nei prossimi giorni è attesa una decisione da parte del pm Rosaria Vecchi. Sono cinque gli indagati per i quali sono stati ipotizzati vari reati, dalla bancarotta fraudolenta al riciclaggio.
L'ex presidente Paolo Di Stanislao è chiamato a rispondere di bancarotta documentale e fraudolenta, nonché distrazione di fondi. Stesse ipotesi di reato per Patrizia Bernardi Patrizi, la moglie, che risulta proprietaria delle quote della società dall'estate del 2006 all'aprile del 2008, quando la principale espressione calcistica della città è stata dichiarata fallita per un ammontare di debiti di poco inferiore ai due milioni di euro.
Ma nel registro degli indagati ci sono altri tre nomi. Due conosciuti agli sportivi frentani per aver ricoperto le mansioni di amministratore della società, vale a dire Paolo Massari, di Roma, e Alfredo Di Paolo, di Teramo. Il nome nuovo è quello di Antonio Alimonti, romano, impiegato di una filiale di banca presente nella Capitale. Quest'ultimo è indagato per riciclaggio. Nel corso dell'inchiesta la Guardia di Finanza di Lanciano ha accertato la distrazione di fondi per oltre 300mila euro: una parte, poco più di 200, per fatture emesse per lavori mai svolti, ad esempio la ritinteggiatura dello stadio Biondi e la manutenzione del manto erboso; e una parte, circa 120mila euro, per il pagamento di calciatori in nero.
Ci sono, inoltre, altri risvolti dell'indagine coperti dal segreto istruttorio. Sta di fatto che il lavoro svolto è nelle mani del pm Vecchi l'indagine è arrivato a un punto cruciale. La Procura può inviare l'avviso di conclusione dell'inchiesta oppure chiedere misure cautelari. Alla luce delle irregolarità emerse difficilmente l'indagine sarà archiviata. La storia è nota agli sportivi lancianesi e vede protagonista Paolo Di Stanislao che, insieme a un altro socio Pasquale Ielo, ha rilevato la maggioranza delle quote della Ss Lanciano dalle mani della famiglia Angelucci nell'agosto del 2006, qualche settimana dopo aver fatto la stessa cosa con il Chieti che poi non è stato iscritto al campionato professionistico e successivamente fallito.
A Lanciano l'agonia è stata più lenta e il fallimento è arrivato dopo un anno e mezzo in cui in città si è parlato più di carte bollate che di calcio giocato. Dagli atti, infatti, risulta che Di Stanislao non ha mai pagato il prezzo delle quote alla famiglia Angelucci.
L'ex presidente Paolo Di Stanislao è chiamato a rispondere di bancarotta documentale e fraudolenta, nonché distrazione di fondi. Stesse ipotesi di reato per Patrizia Bernardi Patrizi, la moglie, che risulta proprietaria delle quote della società dall'estate del 2006 all'aprile del 2008, quando la principale espressione calcistica della città è stata dichiarata fallita per un ammontare di debiti di poco inferiore ai due milioni di euro.
Ma nel registro degli indagati ci sono altri tre nomi. Due conosciuti agli sportivi frentani per aver ricoperto le mansioni di amministratore della società, vale a dire Paolo Massari, di Roma, e Alfredo Di Paolo, di Teramo. Il nome nuovo è quello di Antonio Alimonti, romano, impiegato di una filiale di banca presente nella Capitale. Quest'ultimo è indagato per riciclaggio. Nel corso dell'inchiesta la Guardia di Finanza di Lanciano ha accertato la distrazione di fondi per oltre 300mila euro: una parte, poco più di 200, per fatture emesse per lavori mai svolti, ad esempio la ritinteggiatura dello stadio Biondi e la manutenzione del manto erboso; e una parte, circa 120mila euro, per il pagamento di calciatori in nero.
Ci sono, inoltre, altri risvolti dell'indagine coperti dal segreto istruttorio. Sta di fatto che il lavoro svolto è nelle mani del pm Vecchi l'indagine è arrivato a un punto cruciale. La Procura può inviare l'avviso di conclusione dell'inchiesta oppure chiedere misure cautelari. Alla luce delle irregolarità emerse difficilmente l'indagine sarà archiviata. La storia è nota agli sportivi lancianesi e vede protagonista Paolo Di Stanislao che, insieme a un altro socio Pasquale Ielo, ha rilevato la maggioranza delle quote della Ss Lanciano dalle mani della famiglia Angelucci nell'agosto del 2006, qualche settimana dopo aver fatto la stessa cosa con il Chieti che poi non è stato iscritto al campionato professionistico e successivamente fallito.
A Lanciano l'agonia è stata più lenta e il fallimento è arrivato dopo un anno e mezzo in cui in città si è parlato più di carte bollate che di calcio giocato. Dagli atti, infatti, risulta che Di Stanislao non ha mai pagato il prezzo delle quote alla famiglia Angelucci.
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