la sentenza a lanciano dopo tre anni 

«Finto malato: licenziato» Ma il giudice lo reintegra

LANCIANO. Era stato licenziato durante il periodo di infortunio mentre stava seguendo delle cure, ma è stato reintegrato dal giudice del lavoro Cristina Di Stefano del tribunale di Lanciano. Il fatto...

LANCIANO. Era stato licenziato durante il periodo di infortunio mentre stava seguendo delle cure, ma è stato reintegrato dal giudice del lavoro Cristina Di Stefano del tribunale di Lanciano. Il fatto risale a diversi anni fa, ma la sentenza è stata emessa nei giorni scorsi. Il caso riguarda un dipendente della Sanmarco industrial, G.C., oggi 57enne, licenziato nel giugno 2021 perché accusato di simulare lo stato di infortunio e di avere comportamenti non idonei per un normale processo di guarigione dell’ulcera da ustione dalla quale era afflitto.
L’operaio lancianese aveva subito nel 2011 un grave infortunio quando, nel corso del suo lavoro di saldatore, rimase gravemente ustionato alla gamba destra da una scheggia incandescente. Nonostante due riprese al lavoro (marzo 2014 e marzo 2018) dopo le rispettive guarigioni dell’ulcera da ustione, il lavoratore subì a novembre 2019 un’ulteriore ricaduta e si dovette sottoporre a un particolare protocollo di cure consigliato dalla clinica di chirurgia plastica e ricostruttiva degli ospedali riuniti di Ancona. A seguito di licenziamento il lavoratore, tramite l’avvocato Vincenzo Gatta, ha impugnato il provvedimento, ma in prima battuta si è visto rigettare l’istanza di reintegra, in quanto il consulente tecnico d’ufficio (ctu) ha ritenuto che il lavoratore non stesse adottando stili di vita cautelativi per la perfetta guarigione. In particolare il ctu ha valutato negativamente alcuni episodi di vita del lavoratore (oggetto anche di investigazioni private commissionate dal datore di lavoro) tra cui, ad esempio, il rimanere in piedi fermo anche per il solo tempo occorrente per prendere un caffè al bar.
In sede di opposizione il lavoratore, che nel corso del processo si è tutelato con due consulenti medici di parte, è riuscito a dimostrare la sua assoluta buona fede. La sentenza gli ha dato ragione, annullando il licenziamento e condannando l’azienda al reintegro, al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della reintegra e a una indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. «Ho sempre creduto nelle ragioni del lavoratore e nella sua buona fede», commenta l’avvocato Gatta, «anche sulla scorta di quanto reiteratamente affermato dai consulenti medici di parte che hanno evidenziato come il licenziamento sia stato comminato in una fase nella quale l’evoluzione dell’ulcera da ustione stava dando chiari segni di miglioramento grazie all’efficacia del protocollo di cure che il lavoratore stava diligentemente seguendo».
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