Gatti: i partiti sono finiti lavoro su nuove idee

L’assessore regionale riunirà il 30 a Roseto sindaci e amministratori: "Sono l’anticasta della politica, con loro ricostruiremo l’Abruzzo"

PESCARA. Alle regionali del 2008 Paolo Gatti fu il candidato consigliere più votato con 10.098 voti. Oggi, a un anno e mezzo dalla fine della legislatura, l'assessore regionale al Lavoro e alle Politiche sociali, è convinto che quei consensi siano la cosa più importante da cui ricostruire una politica che ha smarrito la strada.

Assessore Gatti, come sta cambiando la politica?

«Non siamo più nel 2005 o nel 2008, sono passati pochi anni ma sembrano ere geologiche. Oggi dovremmo avere il coraggio di far saltare antichi steccati, schemi vecchi, contrapposizioni strumentali fondate sul nulla».

Sinistra e destra corrispondono a schemi vecchi?

«Come blancos contro colorados. Sono categorie per larga parte superate. Disegnano alleanze di comodo».

E’ la fine dei partiti?

«I partiti hanno abbondantemente terminato per consunzione il loro ruolo. Ma in realtà non esistono più da 20 anni».

Con che cosa li sostituiamo?

«Servono nuovi momenti di partecipazione, nuove proposte».

Lei una proposta ce l'ha?

«Penso a un’alleanza su idee e progetti concreti. Per realizzarli c'è la necessità di una coalizione di persone che vada oltre la politica, ampia, coesa moderna, per aiutare l'Abruzzo a superare questa fase. Faccio un esempio: siamo arrivati a recuperare e a gestire i fondi europei Fse partendo da un confronto con le parti sociali e insieme a loro stiamo raccogliendo frutti e meriti. Ci possono essere divergenze, ma lo schema è quello».

Non crede che gli elettori siano ancora legati ai vecchi schieramenti?

«Non penso che i cittadini siano ancora disposti a votare simboli di partito in maniera pregiudiziale».

E’ la forza di Grillo

«A noi non servono i distruttori ma i costruttori che usino maturità e consapevolezza: sono queste le parole d'ordine dell'impegno politico. E fa parte di questo impegno introdurre elementi di verità».

Per esempio?

«Dire per esempio che questa non è una crisi contingente. Dire che occorre una classe dirigente ampia, coesa e rappresentativa che abbia strumenti anche nuovi da mettere in campo per interpretare e tentare di anticipare le soluzioni».

In Abruzzo esiste questa classe dirigente?

«Ci sono tanti oscuri consiglieri comunali, assessori, sindaci, che ogni giorno con il loro lavoro e il loro impegno segnalano che c'è una sorta di anticasta della politica sulla quale si può puntare».

Sta già lavorando su questa ipotesi?

«Ci lavoro da tempo. Nel 2008 ho fondato l'associazione “Futuro in”. Abbiamo iniziato il lavoro in provincia di Teramo, ora lo stiamo portando in regione. Il 30 giugno ci incontreremo a Roseto per tracciare anche noi una nuova rotta per i tanti consensi affidati a tanti amministratori in tanti enti. I consensi sono presi in prestito e non possono essere traditi dall'inerzia o dalla vuota attesa di decisioni romane».

Che futuro vede per il Pdl?

«Quando in tanti aderirono al contenitore unico del centrodestra il Pdl sembrava un grande sogno. Il progetto in sé è naufragato e va ricostruito. Ma servono facce credibili che siano capaci di raccogliere consensi e dare risposta a una maggioranza silenziosa e delusa di italiani che disciplinatamente sono andati a pagare l'Imu ma che non vanno più disciplinatamente a votare. Occorre una nuova fase costituente, un nuovo patto con i cittadini, perché sono saltate le regole».

Come si tradurrà questo alle elezioni regionali?

«Il cammino è molto lungo, ma non possiamo arrivare al 2013 con gli schemi del 2008. Perderemmo una grande occasione».

Lei ha dichiarato di non sentirsi all'altezza del ruolo di governatore, E' vero?

«Mi è sembrata una risposta onesta su un questione che non mi sono mai posto».

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