Gay aggrediti a Chieti: spunta anche una pistola

Uno degli ultrà avrebbe mostrato l'arma per minacciare il gruppo all'uscita del pub

CHIETI. Il calcio di una pistola che spunta dalla cinta dei pantaloni e la minaccia di utilizzare «il ferro» contro un gruppo di gay (e non solo) all'uscita di un pub. Si arricchisce di particolari ancora più inquietanti l'attacco omofobo messo in atto la notte tra il 3 e il 4 giugno, allo Scalo, da un nutrito gruppo di teppisti. Dopo il coro di insulti, minacce, lanci di frutta e bottiglie contro una ventina di giovani riuniti a Chieti per una festa, ieri la prima denuncia contro ignoti presentata in procura dalle associazioni Arcigay di Chieti e Jonathan Diritti in movimento assistite da sempre dall'avvocato di Teramom Andrea Cerrone.

«Per adesso è stata presentata una denuncia, ma ne arriveranno altre» rivela Cerrone che aggiunge nuovi particolari sull'aggressione attribuita, ma ancora tutta da accertare, a una banda di ultrà del Chieti con tanto di bandiere neroverdi al seguito. «Un fatto grave» sostiene l'avvocato «che denota un forte disagio sociale. Malessere che non deve essere sottovalutato. Testimoni oculari avrebbero visto un giovane con felpa marchiata con simboli nazisti riferibili alle SS, travisato in volto, mostrare il calcio di una pistola. Arma infilata nella cinta dei pantaloni» aggiunge «posto che la pistola potesse essere un'arma giocattolo ciò che va censurato senza attenuanti è il grave gesto intimidatorio nei confronti di persone che stavano insieme pacificamente per strada dopo aver partecipato a una normalissima festa».

Poi l'appello rivolto alle forze dell'ordine affinché venga fatta chiarezza sull'episodio e soprattutto vengano individuati gli aggressori. «La polizia» esorta il legale «esamini subito le riprese effettuate dalle telecamere esterne della stazione ferroviaria per individuare chi ha scatenato il grave atto di intolleranza di genere». Poi puntualizza: «Le bandiere neroverdi c'erano, ma se si trattasse di tifosi esagitati non è certo». Cosa certa è che il campanello del disagio sociale squilla all'impazzata e che bisogna fare qualcosa per contrastarlo. A testimonianza del fenomeno anche le aggressioni a ripetizione, sempre allo Scalo, messe a segno da ultrà teatini a danno di tifosi del Pescara.

«La comunità gay comunque non si lascerà intimidire» annuncia Cerrone «ci saranno altre feste, la prossima il 24. In quella occasione si spera in un controllo più efficace da parte delle forze dell'ordine a garanzia dell'incolumità pubblica». «Dispiaciuto e amareggiato per l'episodio omofobo» il sindaco Umberto Di Primio che però tiene a sottolineare: «Fatto grave, ma episodico. Ho già sollecitato le forze dell'ordine a controlli notturni più serrati nell'area dello Scalo per scoraggiare teppistelli di nessun conto, ma sostenere in modo del tutto strumentale che la città non è più sicura è un errore che nuoce soprattutto all'immagine di Chieti. Chi poi dà sfogo a sentimenti omofobi o razzisti esibendo simboli di un passato perché continuino a far terrore deve essere subito marginalizzato e punito con estrema severità».

Per Sel l'aggressione ai gay «è un gesto vergognoso e non possiamo non esprimere solidarietà ai giovani colpiti da questa violenza inaudita ed esecrabile» dice Rooberto Ettorre, della segreteria regionale. «La nostra società» prosegue «è libera ed ognuno deve essere messo nelle condizioni di compiere le proprie scelte di vita nella massima libertà possibile. Questi raid omofobi dimostrano che esistono ancora sacche di intolleranza e violenza che vanno combattute su tutti i fronti e con fermezza». Anche per Jessica Verzulli di Giovane Italia(Pdl) sono «inaccettabili le gesta omofobe». Nel comunicato emesso dalla questura di Chieti si tiene comunque a precisare che «nessuna delle persone oggetto del lancio di bottiglie e mele risulta aver fatto ricorso alle cure dei sanitari dell'ospedale» e che le indagini della Digos proseguono. Indagini che dovranno accertare anche se la pistola esibita era vera.

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