«Ho vinto, ma sono il rettore del dialogo»

Cuccurullo: voglio contribuire a rilanciare il colle, ma non spostando facoltà
Assapora il gusto della quinta elezione consecutiva, spazia tra pubblico e privato e rivendica collegialità e democrazia

CHIETI. Rettore da 12 anni consecutivi e per altri 3 ancora. Eletto per la quinta volta, 438 a 196 il risultato ufficiale. Se non è un record di longevità poco ci manca. «E sia chiaro che non mi sono ricandidato. Quando mi è stato chiesto, dopo aver riflettuto un po’, ho dato la mia disponibilità e dal Senato accademico in poi ecco l’invito a ripresentarmi per la continuità di un percorso che i fatti definiscono virtuoso, con qualche errore certo, ma soprattutto con programmi chiari ed efficaci, nonostante i veleni».

Franco Cuccurullo, rilassato nell’ufficio assolato sul campus verde, assapora il gusto lungo di un’affermazione nettissima che l’antagonista, l’oculista Pierenrico Gallenga, ha dovuto subire. Ha appena compiuto 66 anni e tira un po’ le somme, in un dialogo che spazia su argomenti vari, sulla dedizione totale all’università che ha eroso molto i margini della vita privata, sul rapporto con Chieti in cui lavora e abita da oltre 30 anni. Sul primato di ricerca e qualità, il pallino di un rettorato che ha creato dei comitati trasversali.

Rettore, secondo i suoi rivali c’è poca democrazia alla d’Annunzio.
 
«I comitati di cui abbiamo appena parlato sono trasversali nel senso compiuto del termine, all’insegna della collegialità, delle decisioni condivise in un contesto democratico come i consigli di facoltà, il Senato accademico e così via. Il dialogo è una nostra forza, ma c’è sempre qualcuno che infine deve pur decidere».

Investimenti e ricerca?
 
«Abbiamo investito molto su ricerca e formazione dei ricercatori nel Mezzogiorno, per figure di alto profilo per le quali abbiamo creato, unica università, una scuola superiore per i dottorati di ricerca che ci evita di disperdere i corsi e consente una verifica sulla qualità, la vera sfida della nostra epoca collegata al merito che ci sta consentendo di superare perfino il Giappone, che pure realizza 100mila progetti l’anno contro i nostri 49mila. Investimenti quindi buoni, senza spendere troppo. Una garanzia di sviluppo tenendo ben presente che le risorse non sono infinite. Ma non siamo tutti uguali nel merito acquisito, dobbiamo saper scegliere bene. Mi ricordo ancora una filastrocca di quando ero ragazzo e vivevo a Bologna, “Merito e qualità fan la parte del baccalà”...».

Gallenga le ha fatto subito gli auguri.
 
«Lo ringrazio. Rimane sempre il rispetto e poi siamo nati nello stesso anno e nello stesso mese, maggio, il che me lo rende ancor più simpatico». Ha spento il telefonino e la preziosa segretaria Tiziana che lo segue instancabile da tanti anni e gli organizza il lavoro lo ha “blindato”.

Quanti auguri ha ricevuto in queste ore?
 
«Una valanga, in continuazione, di persona, per telefono, e.mail, tanti anche per sms, i messaggini che mi creano sempre disagio per le sintetiche risposte che richiedono. Preferisco parlare. La sera dopo la votazione? A cena con un gruppo ristretto di amici, ma nessun festeggiamento, per carità, anche per il periodo tanto doloroso che stiamo vivendo. Sobrietà, come con la disponibilità che ho dato con la ricandidatura, un atto di delicatezza verso tutti, favorevoli a me e avversari. Nello spirito di un confronto sempre leale, costruttivo. Ricordo il libro di Norman McLean, “In mezzo scorre il fiume”. Il fiume della verità che dobbiamo sempre trovare».

Chi l’ha chiamata?
 
«Fare un elenco sarebbe impossibile e poi correrei il rischio di dimenticare qualcuno e sarebbe sgradevole. Tra i primissimi mia moglie Serena, pochi secondi dopo l’esito. Quasi una telepatia. Poi tanti colleghi, a cominciare dai componenti del consiglio superiore di sanità di cui sono presidente. Avvertiti da Tiziana. Auguri da politici di vari schieramenti, d’altra parte io sono un tecnico non un politico e non potrei mai esserlo perché, dato il ruolo pubblico, la carica istituzionale che ricopro, perderei di credibilità».

C’è la richiesta di riportare sul colle la sede del rettorato o una facoltà.
 
«Dico subito con chiarezza che voglio impegnarmi molto con l’amministrazione comunale per il rilancio del colle, ma non con il rettorato e meno ancora con una facoltà. Non avrebbe senso una decisione del genere. Con il Villaggio Mediterraneo la città ha un volano formidabile, un autentico centro direzionale nell’area metropolitana. Dobbiamo essere capaci di collegare realtà urbanistiche vecchie e nuove, non pensare a soluzioni superate, anacronistiche dato lo sviluppo. Mi piacerebbe tanto che il campus risalisse la collina, seguendo una dorsale di collegamenti veloci con il centro storico. Bisogna ricreare le condizioni perché sul colle tornino gli studenti e i turisti. Penso anche a una rete dei musei collegati al teatro Marrucino. Io abito a Chieti alta...».