Il fiume malato e i veleni La fine ingloriosa del porto di Francavilla
FRANCAVILLA. «Ho fiducia nelle indagini. In coscienza so di avere sempre operato nell’interesse della città. Mi dispiace che queste battaglie giudiziarie, e non politiche degli ambientalisti, arrechino danno all’immagine della mia città che ho sempre amato».
Rigetta ogni accusa l’ex sindaco Roberto Angelucci, indagato con altre 3 persone, all’indomani del sequestro preventivo del cantiere del porticciolo e del tratto di litorale a sud della foce dell’Alento fino al pontile Sirena, per il potenziale rischio inquinamento da sostanze tossiche, fra cui la diossina, a seguito dell’utilizzo per il ripascimento della spiaggia, di sabbia proveniente dagli scavi del cantiere.
«Pago lo scotto di aver lavorato nel rispetto del programma elettorale: la mia amministrazione ha reperito 2 milioni di euro dalla Ue per il risanamento dell’asse fluviale dell’Alento, e ha ottenuto 2 milioni e 600 mila euro dalla Regione e dallo Stato per realizzare l’approdo piccola pesca e turismo alla foce. Tutto, senza gravare sulle casse del Comune. Ci troviamo davanti a due situazioni distinte», continua Angelucci, «da una parte c’è la questione del risanamento del fiume Alento e dall’altra il porto, che nulla a che fare con il discorso del contratto di quartiere.
Il risanamento del fiume è un vecchio problema che come sindaco ho cercato di affrontare già nel 1985- ’90, quando il fiume portava a valle i liquami degli ospedali, delle cliniche private e di due depuratori malfunzionanti di Chieti, insieme a tonnellate di spazzatura, copertoni, lastre di eternit», ricorda l’ex sindaco. «Rispondemmo a tutti i bandi per reperire risorse per bonificare l’asta fluviale e tutelare il mare e la spiaggia. E’ merito nostro l’inserimento, nel 2003, nel Sin “Saline-Alento”, che ci ha fatto ottenere 2 milioni di euro per le indagini dell’Arta, finalizzate all’individuazione e alla bonifica di siti inquinati pubblici e privati. Abbiamo saputo solo dopo che la caratterizzazione andava fatta anche nei punti a mare».
Qui si inserisce la questione porto, il cui progetto preliminare venne approvato dal Comune del 2004. «Con un Apq tra Regione e Stato ottenemmo 2 milioni e 600 euro per realizzare il 1º lotto funzionale dell’opera», ricorda Angelucci. Nel 2005 fu redatto il progetto definitivo che, citando il Piano di caratterizzazione delle aree pubbliche ricadenti nel Sin, garantiva che all’interno dell’area del porto non risultavano siti contaminati. Nel 2006 cominciò la guerra degli ambientalisti contro «l’ecomostro».
Nel marzo 2007 il progetto ottenne tutti i pareri favorevoli, compresa la Via. Il 19 giugno fu stipulato l’appalto con la ditta Sacramati e il 23 i lavori furono consegnati. Il progetto prevedeva che i materiali provenienti dagli scavi, dopo la caratterizzazione dei sedimenti, sarebbero stati utilizzati per il ripascimento della spiaggia, smaltiti in mare o conferiti in discarica autorizzata. Il 17 dicembre 2008, a seguito di una nota del ministero che ricordava al Comune che l’Arta non aveva ultimato la caratterizzazione all’interno del Sin, e che opere come quelle del porto erano possibili solo su aree bonificate, certificate da apposita conferenza di servizi, i lavori furono sospesi e da allora non sono mai stati ripresi.
«Per il ripascimento non è mai stata usata della sabbia presa dall’acqua, perché il Comune non ha la competenza per intervenire in mare», si difende Angelucci, che l’11 aprile 2008 autorizzò il trasporto del materiale sabbioso. «La sabbia utilizzata era pulita, presa a terra davanti al circolo nautico, dove l’avevano ammucchiata le mareggiate invernali».
Rigetta ogni accusa l’ex sindaco Roberto Angelucci, indagato con altre 3 persone, all’indomani del sequestro preventivo del cantiere del porticciolo e del tratto di litorale a sud della foce dell’Alento fino al pontile Sirena, per il potenziale rischio inquinamento da sostanze tossiche, fra cui la diossina, a seguito dell’utilizzo per il ripascimento della spiaggia, di sabbia proveniente dagli scavi del cantiere.
«Pago lo scotto di aver lavorato nel rispetto del programma elettorale: la mia amministrazione ha reperito 2 milioni di euro dalla Ue per il risanamento dell’asse fluviale dell’Alento, e ha ottenuto 2 milioni e 600 mila euro dalla Regione e dallo Stato per realizzare l’approdo piccola pesca e turismo alla foce. Tutto, senza gravare sulle casse del Comune. Ci troviamo davanti a due situazioni distinte», continua Angelucci, «da una parte c’è la questione del risanamento del fiume Alento e dall’altra il porto, che nulla a che fare con il discorso del contratto di quartiere.
Il risanamento del fiume è un vecchio problema che come sindaco ho cercato di affrontare già nel 1985- ’90, quando il fiume portava a valle i liquami degli ospedali, delle cliniche private e di due depuratori malfunzionanti di Chieti, insieme a tonnellate di spazzatura, copertoni, lastre di eternit», ricorda l’ex sindaco. «Rispondemmo a tutti i bandi per reperire risorse per bonificare l’asta fluviale e tutelare il mare e la spiaggia. E’ merito nostro l’inserimento, nel 2003, nel Sin “Saline-Alento”, che ci ha fatto ottenere 2 milioni di euro per le indagini dell’Arta, finalizzate all’individuazione e alla bonifica di siti inquinati pubblici e privati. Abbiamo saputo solo dopo che la caratterizzazione andava fatta anche nei punti a mare».
Qui si inserisce la questione porto, il cui progetto preliminare venne approvato dal Comune del 2004. «Con un Apq tra Regione e Stato ottenemmo 2 milioni e 600 euro per realizzare il 1º lotto funzionale dell’opera», ricorda Angelucci. Nel 2005 fu redatto il progetto definitivo che, citando il Piano di caratterizzazione delle aree pubbliche ricadenti nel Sin, garantiva che all’interno dell’area del porto non risultavano siti contaminati. Nel 2006 cominciò la guerra degli ambientalisti contro «l’ecomostro».
Nel marzo 2007 il progetto ottenne tutti i pareri favorevoli, compresa la Via. Il 19 giugno fu stipulato l’appalto con la ditta Sacramati e il 23 i lavori furono consegnati. Il progetto prevedeva che i materiali provenienti dagli scavi, dopo la caratterizzazione dei sedimenti, sarebbero stati utilizzati per il ripascimento della spiaggia, smaltiti in mare o conferiti in discarica autorizzata. Il 17 dicembre 2008, a seguito di una nota del ministero che ricordava al Comune che l’Arta non aveva ultimato la caratterizzazione all’interno del Sin, e che opere come quelle del porto erano possibili solo su aree bonificate, certificate da apposita conferenza di servizi, i lavori furono sospesi e da allora non sono mai stati ripresi.
«Per il ripascimento non è mai stata usata della sabbia presa dall’acqua, perché il Comune non ha la competenza per intervenire in mare», si difende Angelucci, che l’11 aprile 2008 autorizzò il trasporto del materiale sabbioso. «La sabbia utilizzata era pulita, presa a terra davanti al circolo nautico, dove l’avevano ammucchiata le mareggiate invernali».