Il fratello sotto torchio sui complici dell’assassino
L’uomo interrogato dai magistrati sulle ultime ore di vita della sorella Il difensore: «Ha chiarito la sua posizione». Ma resta indagato per omicidio
VASTO. Centocinquanta minuti faccia a faccia con i giudici. Tanto è durato ieri mattina l’interrogatorio di Antonio Strever, il fratello di Michela Strever, 73 anni, la pensionata soffocata all’alba del 19 dicembre. L’omicidio ha un reo confesso, Hamid Maathaoui, 36 anni, marocchino, ma ai Pm Giancarlo Ciani ed Enrica Medori non basta. I magistrati stanno cercando di ricostruire le ultime ore di vita della vittima e soprattutto scoprire il movente dell’efferato omicidio.
Maathaoui era diventato l’uomo di fiducia della pensionata e veniva anche pagato da lei. Assurdo uccidere chi ti dà lavoro per 60 euro. Tanto sparì quella mattina dalla casa della vittima. Probabilmente c’è dell’altro. Hamid forse non era solo. Ma chi era con lui? Antonio Strever, la persona che per prima scoprì il corpo della sorella quella mattina dopo aver rotto il vetro di una finestra per poter entrare, potrebbe essere di grande aiuto. Fu il primo a vedere Michela massacrata, imbavagliata e legata al letto. Sue sono anche alcune tracce ematiche trovate dai Ris sul pavimento e sugli indumenti della donna uccisa. Altre importanti tracce sono state trovate sugli abiti che l’uomo indossava quella mattina. Per questo i Pm ieri hanno chiesto ad Antonio Strever chiarimenti e spiegazioni. Non solo su quelle tracce ma anche sui suoi rapporti con Hamid Maathoui e su quelli della sorella con il giovane nordafricano. E ancora la frequenza delle visite del factotum straniero di cui la pensionata si fidava (e il cui nome era annotato sull’agenda personale di Michela) e quali erano i servizi che gli venivano affidati.
«Ritengo che il mio cliente abbia chiarito definitivamente la sua posizione, sia stato utile ai magistrati e sia riuscito a dimostrare la propria estraneità al delitto», è stato il commento dell’avvocato Arnaldo Tascione, difensore di Antonio Strever, all’uscita dal Palazzo di giustizia. Al momento l’assistito resta indagato ma il difensore è ottimista. Il casolare dell’omicidio resta sotto sequestro. Probabilmente dopo i nuovi elementi forniti Strever gli inquirenti potrebbero tornare nella casa di via Villa De Nardis per altre verifiche.
Paola Calvano
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