Il ministero riconvoca la Honeywell
Atessa. Dal Mise tirata d’orecchi all’azienda per i 263 licenziamenti «nonostante l’opposizione di tutti». Nuovo vertice il 15
ATESSA. «Ribadiamo la contrarietà del ministero e delle istituzioni all’azione intrapresa dall’azienda». La tirata d’orecchi del ministero dello Sviluppo economico (Mise) arriva quando ormai le lettere di licenziamento della Honeywell sono state già inviate e recapitate. Sono 263 i dipendenti che si trovano da ieri in mezzo a una strada e senza alcuna copertura da ammortizzatore sociale.
L’INCONTRO AL MINISTERO. Il Mise ha appreso della volontà di licenziare gli ultimi dipendenti rimasti nella fabbrica dei turbocompressori di Atessa dai sindacati e ieri ha immediatamente convocato un tavolo per il 15 giugno. È uno degli ultimi tentativi che restano al governo, dopo che, tuttavia, tutto quello che di negativo poteva succedere è già successo. La fabbrica ha chiuso il 5 marzo scorso cessando ogni attività per spostarsi in Slovacchia; il ministero del Lavoro non ha concesso la cassa integrazione straordinaria nonostante l’impegno fosse stato sottoscritto nella sede del Mise nell’accordo del 16 febbraio; sono stati licenziati tutti i dipendenti e le due mensilità di retribuzione anticipate dalla Honeywell in attesa della cassa integrazione dovranno essere restituite all’azienda che si è impegnata soltanto a coprire l’aspetto contributivo dei suoi ex dipendenti. «Il licenziamento dei lavoratori», scrive il Mise, «è avvenuto nonostante l’opposizione più volte manifestata da noi, dalle istituzioni e dai sindacati. Chiediamo che le lettere inviate ai lavoratori non abbiano efficacia almeno fino all’incontro del 15 giugno alle 10».
LE RICHIESTE DEI SINDACATI. Il tavolo del 15 sarà una delle ultime prove di forza del governo con la multinazionale americana e al tempo stesso uno dei primi banchi di prova del nuovo esecutivo. I sindacati chiedono che non siano restituite le due mensilità percepite finora a titolo di anticipo sulla cassa integrazione. Altra questione da sottoporre all’azienda è quella relativa alla reindustrializzazione. Le organizzazioni sindacali avanzeranno quindi la proposta che sia la stessa Honeywell a finanziare questo percorso per tutti i 263 dipendenti rimasti fino a che lo stabilimento non sarà ceduto e occupato da un’altra impresa che decida di investire sul territorio. Questo per due motivi: il primo è di tenere il più possibile insieme tutta la forza operaia fino alla conquista di un nuovo posto di lavoro; il secondo è accelerare il più possibile la reindustrializzazione che deve avvenire in tempi celeri e certi.
L’INTERVENTO DI DI MAIO. In queste ore l’appello al neo ministro del Lavoro, Luigi Di Maio (M5S) è stato fatto da più parti. I sindacati premono affinché sia lui a occuparsi degli ultimi strascichi della vertenza dal momento che ci si aspetta una presa di posizione forte nei confronti di un’azienda che delocalizza e che non ha concesso nemmeno il beneficio di un incontro prima di decidere di licenziare tutti i dipendenti, dai dirigenti alle maestranze storiche. E proprio Di Maio potrebbe essere l’asso nella manica.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INCONTRO AL MINISTERO. Il Mise ha appreso della volontà di licenziare gli ultimi dipendenti rimasti nella fabbrica dei turbocompressori di Atessa dai sindacati e ieri ha immediatamente convocato un tavolo per il 15 giugno. È uno degli ultimi tentativi che restano al governo, dopo che, tuttavia, tutto quello che di negativo poteva succedere è già successo. La fabbrica ha chiuso il 5 marzo scorso cessando ogni attività per spostarsi in Slovacchia; il ministero del Lavoro non ha concesso la cassa integrazione straordinaria nonostante l’impegno fosse stato sottoscritto nella sede del Mise nell’accordo del 16 febbraio; sono stati licenziati tutti i dipendenti e le due mensilità di retribuzione anticipate dalla Honeywell in attesa della cassa integrazione dovranno essere restituite all’azienda che si è impegnata soltanto a coprire l’aspetto contributivo dei suoi ex dipendenti. «Il licenziamento dei lavoratori», scrive il Mise, «è avvenuto nonostante l’opposizione più volte manifestata da noi, dalle istituzioni e dai sindacati. Chiediamo che le lettere inviate ai lavoratori non abbiano efficacia almeno fino all’incontro del 15 giugno alle 10».
LE RICHIESTE DEI SINDACATI. Il tavolo del 15 sarà una delle ultime prove di forza del governo con la multinazionale americana e al tempo stesso uno dei primi banchi di prova del nuovo esecutivo. I sindacati chiedono che non siano restituite le due mensilità percepite finora a titolo di anticipo sulla cassa integrazione. Altra questione da sottoporre all’azienda è quella relativa alla reindustrializzazione. Le organizzazioni sindacali avanzeranno quindi la proposta che sia la stessa Honeywell a finanziare questo percorso per tutti i 263 dipendenti rimasti fino a che lo stabilimento non sarà ceduto e occupato da un’altra impresa che decida di investire sul territorio. Questo per due motivi: il primo è di tenere il più possibile insieme tutta la forza operaia fino alla conquista di un nuovo posto di lavoro; il secondo è accelerare il più possibile la reindustrializzazione che deve avvenire in tempi celeri e certi.
L’INTERVENTO DI DI MAIO. In queste ore l’appello al neo ministro del Lavoro, Luigi Di Maio (M5S) è stato fatto da più parti. I sindacati premono affinché sia lui a occuparsi degli ultimi strascichi della vertenza dal momento che ci si aspetta una presa di posizione forte nei confronti di un’azienda che delocalizza e che non ha concesso nemmeno il beneficio di un incontro prima di decidere di licenziare tutti i dipendenti, dai dirigenti alle maestranze storiche. E proprio Di Maio potrebbe essere l’asso nella manica.
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