Il mistero delle barche incendiate
Subì un attentato, ma prima toccò al fratello
VASTO. «Erano in due. Ho visto le loro sagome vicino alla mia barca e subito dopo il fuoco. Mi sono avvicinato e loro sono fuggiti». Era il 30 gennaio scorso quando Graziano Scutti raccontò agli investigatori di essere stato vittima di un raid incendiario alla Marina. Più di un mese prima, il 20 dicembre 2010, era stato lui a scoprire l'incendio della barca del fratello Antonio.
Graziano, componenente della marineria vastese, rimase sconcertato da quanto era accaduto, affidandosi alle forze dell'ordine e lanciando un appello affinché si scoprisse al più presto chi aveva potuto prendere di mira per la seconda volta la sua famiglia.
Il suo fuoribordo, il "Marilena", lungo cinque metri, era a secco sulla battigia a pochi metri dal Circolo nautico. Lo stesso punto in cui si trovava un mese prima il "San Luigi Gonzaga", la barca di Antonio. «Quanto è accaduto è stato un raid fotocopia del precedente», raccontò Graziano Scutti al Centro, «sono stati versati litri di benzina dentro e attorno alla barca».
L'incendio devastò parte della poppa dove vennero trovati i resti liquefatti della tanica di plastica utilizzati dagli incendiari per alimentare le fiamme. «Quando ho visto il fuoco ho pensato subito a mettere in salvo la mia imbarcazione. Ho raggiunto il mare, ho riempito dei contenitori di acqua salata e li ho gettati sulla chiglia e sulle doghe del Marilena. Il resto lo hanno fatto i vigili del fuoco che, in pochi minuti, hanno risposto alla mia richiesta di soccorso. Fortuntamente i danni sono limitati», continuò nel racconto il marittimo tirando un sospiro di sollievo.
E poi: «E' stato un atto vandalico. Non so chi ne sia l'autore e nemmeno il perché», aggiunse il marittimo.
In un primo momento le indagini vennero dirette verso un gruppo di ragazzini terribili. Forse gli stessi che qualche giorno prima si erano scatenati contro i bagni del lungomare, i decori della rotonda e la pavimentazione del pontile. Sull'episodio avevano aperto un fascicolo sia la polizia e sia i carabinieri. Ma l'inchiesta non portò a risultati di rilievo.
Graziano, componenente della marineria vastese, rimase sconcertato da quanto era accaduto, affidandosi alle forze dell'ordine e lanciando un appello affinché si scoprisse al più presto chi aveva potuto prendere di mira per la seconda volta la sua famiglia.
Il suo fuoribordo, il "Marilena", lungo cinque metri, era a secco sulla battigia a pochi metri dal Circolo nautico. Lo stesso punto in cui si trovava un mese prima il "San Luigi Gonzaga", la barca di Antonio. «Quanto è accaduto è stato un raid fotocopia del precedente», raccontò Graziano Scutti al Centro, «sono stati versati litri di benzina dentro e attorno alla barca».
L'incendio devastò parte della poppa dove vennero trovati i resti liquefatti della tanica di plastica utilizzati dagli incendiari per alimentare le fiamme. «Quando ho visto il fuoco ho pensato subito a mettere in salvo la mia imbarcazione. Ho raggiunto il mare, ho riempito dei contenitori di acqua salata e li ho gettati sulla chiglia e sulle doghe del Marilena. Il resto lo hanno fatto i vigili del fuoco che, in pochi minuti, hanno risposto alla mia richiesta di soccorso. Fortuntamente i danni sono limitati», continuò nel racconto il marittimo tirando un sospiro di sollievo.
E poi: «E' stato un atto vandalico. Non so chi ne sia l'autore e nemmeno il perché», aggiunse il marittimo.
In un primo momento le indagini vennero dirette verso un gruppo di ragazzini terribili. Forse gli stessi che qualche giorno prima si erano scatenati contro i bagni del lungomare, i decori della rotonda e la pavimentazione del pontile. Sull'episodio avevano aperto un fascicolo sia la polizia e sia i carabinieri. Ma l'inchiesta non portò a risultati di rilievo.
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