«Il terreno in centro si abbassa» Dagli esperti l’appello ai controlli
Il professor Sciarra e il geologo Carabba intervengono sul monitoraggio sul Corso fermo da un anno «Qui non c’è un problema di frane e zone rosse ma di calo del suolo, ci sono pericoli per i fabbricati»
LANCIANO. «Nella zona del centro, di corso Trento e Trieste, fosso Pietroso, Diocleziano c’è l’abbassamento del terreno per problemi idraulici, non ha nulla a che vedere con frane, Pai e zone rosse. E c’è un rischio, un pericolo non per le persone ma certamente per i fabbricati. Il monitoraggio è fondamentale». «Che quei terreni in centro fossero pessimi è indicato nel Prg, nelle mie analisi geologiche fin dal 2007. Il monitoraggio non può essere abbandonato». Sono rispettivamente il professore Nicola Sciarra, ordinario di Geologia all’Università d’Annunzio, e il geologo Luigi Carabba, a intervenire sulla polemica sul monitoraggio sul Corso fermo da dicembre dello scorso anno e la questione “zone rosse” tirate fuori dall’assessore Paolo Bomba nel consiglio comunale dei giorni scorsi dicendo che nel Pai (Piano di assetto idrogeologico) inserito nel Prg modificato nel 2017 dall’ex giunta, le zone del centro sono indicate come bianche e non rosse, ad altissimo rischio idrogeologico e quindi questo “errore” ha bloccato la richiesta e concessione di fondi per le frane.
«Sono inesattezze», risponde il consigliere Giacinto Verna che ha voluto con sé i due esperti per rispondere a Bomba «delle criticità di piazza Memmo, Pietrosa, Corso e Malvò si è a conoscenza dal 2007, con la relazione del geologo Carabba. La giunta Paolini di allora si trovava nella fase di redazione del Prg: perché non sono state dichiarate allora zone rosse? Non accetto poi lezioni da chi dopo 3 anni e solo per un problema su via Del Ponte si è mosso non con progetti esecutivi ma dando altri incarichi con i soldi dei contribuenti per indagini già svolte e anzi, interrompe un monitoraggio strategico su corso Trento e Trieste. Poi è sicuro l’assessore Bomba che occorra aggiornare il Pai? Nell’area c'è un problema di dissesto idraulico: quello che va aggiornato è il Psda (Piano strategico difesa alluvioni)».
«Il mio intervento è scientifico non politico», precisa subito Sciarra. «In quell’area non c’è un problema di frane, il Pai e la zona rossa non c’entrano, ci sono problemi legati a fenomeni di subsidenza, cioè di abbassamento del suolo per colpa di uno svuotamento delle parti fine di terreno per le acque non regimentate, che creano sifoni interni, dei vuoti che, con il sovraccarico dei fabbricati, si abbassano. Sono problemi idraulici. Poi il monitoraggio è fondamentale, da anni è considerato un’opera al pari di un muro. Senza non si fa nulla: andrebbe ripristinato perché è funzionale alle progettazioni».
«Lo studio geologico effettuato per il Prg indicava le aree più problematiche dopo decine di sondaggi e anni di lavoro», interviene il geologo Carabba, «il fatto che quelli fossero terreno pessimi è stato individuato già nel 2007, il crollo del 2018 ha confermato una situazione nota. Ad oggi il monitoraggio del Corso non può essere abbandonato poiché le criticità sono ancora notevoli come dimostrano anche le condizioni dei Portici con lesioni vistose. Nel settembre 2021 poi sconsigliammo all’amministrazione la riapertura dei locali commerciali nella zona del corso della voragine». Cosa fare? «Occorre costituire una cabina di regia di eccellenza che coordini tutti gli interventi non procedere a spezzoni come oggi», dicono Verna e il consigliere Leo Marongiu con l’assenso dei tecnici. Che avevano indicato delle soluzioni, la costruzione di pozzi drenanti, di rinforzi, consolidamenti, monitoraggi e anche la costruzione di un nuovo condotto fognario: opere da oltre 30 milioni di euro. «Avevamo indicato anche una strada per il finanziamento», chiudono Sciarra e Carabba, «una legge speciale ministeriale su Lanciano come quella per Chieti».
«Sono inesattezze», risponde il consigliere Giacinto Verna che ha voluto con sé i due esperti per rispondere a Bomba «delle criticità di piazza Memmo, Pietrosa, Corso e Malvò si è a conoscenza dal 2007, con la relazione del geologo Carabba. La giunta Paolini di allora si trovava nella fase di redazione del Prg: perché non sono state dichiarate allora zone rosse? Non accetto poi lezioni da chi dopo 3 anni e solo per un problema su via Del Ponte si è mosso non con progetti esecutivi ma dando altri incarichi con i soldi dei contribuenti per indagini già svolte e anzi, interrompe un monitoraggio strategico su corso Trento e Trieste. Poi è sicuro l’assessore Bomba che occorra aggiornare il Pai? Nell’area c'è un problema di dissesto idraulico: quello che va aggiornato è il Psda (Piano strategico difesa alluvioni)».
«Il mio intervento è scientifico non politico», precisa subito Sciarra. «In quell’area non c’è un problema di frane, il Pai e la zona rossa non c’entrano, ci sono problemi legati a fenomeni di subsidenza, cioè di abbassamento del suolo per colpa di uno svuotamento delle parti fine di terreno per le acque non regimentate, che creano sifoni interni, dei vuoti che, con il sovraccarico dei fabbricati, si abbassano. Sono problemi idraulici. Poi il monitoraggio è fondamentale, da anni è considerato un’opera al pari di un muro. Senza non si fa nulla: andrebbe ripristinato perché è funzionale alle progettazioni».
«Lo studio geologico effettuato per il Prg indicava le aree più problematiche dopo decine di sondaggi e anni di lavoro», interviene il geologo Carabba, «il fatto che quelli fossero terreno pessimi è stato individuato già nel 2007, il crollo del 2018 ha confermato una situazione nota. Ad oggi il monitoraggio del Corso non può essere abbandonato poiché le criticità sono ancora notevoli come dimostrano anche le condizioni dei Portici con lesioni vistose. Nel settembre 2021 poi sconsigliammo all’amministrazione la riapertura dei locali commerciali nella zona del corso della voragine». Cosa fare? «Occorre costituire una cabina di regia di eccellenza che coordini tutti gli interventi non procedere a spezzoni come oggi», dicono Verna e il consigliere Leo Marongiu con l’assenso dei tecnici. Che avevano indicato delle soluzioni, la costruzione di pozzi drenanti, di rinforzi, consolidamenti, monitoraggi e anche la costruzione di un nuovo condotto fognario: opere da oltre 30 milioni di euro. «Avevamo indicato anche una strada per il finanziamento», chiudono Sciarra e Carabba, «una legge speciale ministeriale su Lanciano come quella per Chieti».