inchiesta terre d'oro

Il tribunale del riesame scarcera Colanzi

Liberi dagli arresti domiciliari anche la moglie Carmen Pinti e il dipendente Massimiliano Di Cintio, ma i giudici respingono la richiesta di sbloccare i ben sequestrati del valore di 3 milioni di euro

CHIETI. Il tribunale del riesame dell’Aquila ha deciso: Filippo Colanzi, il re del trasporto terre, è libero. I giudici hanno accolto la richiesta di libertà presentata, a un mese dagli arresti, dall'imprenditore della Emoter, dalla moglie Carmen Pinti e dal dipendente Massimiliano Di Cintio, agli arresti domiciliari dall’inizio di gennaio, e di Emanuele Colanzi, figlio della coppia, interdetto all’attività imprenditoriale. Anche la moglie e Di Cintio tornano a casa. Restano però nelle mani della giustizia tutti i beni di Colanzi, che ammontano a un valore di 3 milioni di euro. Le 500 tonnellate di terra e sassi spostate da una parte all’altra della Valpescara, dai mega cantieni dell’Ikea, del Villaggio del Mediterraneo e di Decathlon, per essere scaricate altrove, ovvero nell’area del Megalò 3, nel villaggio della Speranza di suor Vera D’Agostino e, comunque, sul lungofiume Pescara, sarebbero un traffico illegale di rifiuti. Che ha fatto scattare non solo le misure cautelari e interdittive, ma anche il sequestro preventivo di beni equivalenti per 3 milioni di euro. Un sequestro di capannoni, mezzi pesanti e aree, destinato a diventare confisca. Ma a tutto ciò si aggiunge il dramma dei trenta operai della Emoter rimasti a piedi, senza posto di lavoro, per la maxi inchiesta della procura distrettuale antimafia dell’Aquila e della Forestale. Ma ieri mattina, all’Aquila, nella delicatissima udienza davanti al tribunale del riesame, che entro giovedì dovrà decidere, l’avvocato Marco Femminella, difensore dei quattro indagati (in totale sono 18 le persone finite sott’inchiesta, compresa la suora che accoglie i profughi), ha giocate tutte le carte della difesa. Per fatti che risalgono al biennio 2009-2011, i Colanzi si ritrovano agli arresti domiciliari. Fatti che peraltro fanno già parte di un processo, quello al Megalo 3, incardinato da tempo a Chieti. Per Femminella quindi le misure cautelari sono inattuali. Se a questo primo e sostanziale punto della difesa si aggiunge che tutto è stato sequestrato, o risequestrato, come nel caso del Megalò 3 dove la terra di riporto avrebbe modificato la geografia del lungofiume Pescara, appare difficile, se non impossibile, per la difesa, che reati dello stesso tipo possano essere ricommessi dagli imprenditori della Emoter. Ultimo punto, anch’esso non di secondo ordine, è la qualità dei terreni trasferiti da un punto all’altro dell’area metropolitana. Chi lo dice che sono rifiuti? Chiede la difesa alla vigilia della decisione che può far tornare in libertà il re del trasporto terra.