Inchiesta della procura sui pozzi contaminati

Acqua inquinata, partono gli interrogatori. Goio: i responsabili pagheranno

PESCARA. Alla fine qualcuno pagherà per i pozzi contaminati di Castiglione a Casauria, per l’acqua risultata dalle analisi inquinata e distribuita lo stesso nelle case, nei bar e nei ristoranti e per la drammatica crisi idrica. E’ ciò che si aspettano i cittadini, costretti a vivere da 18 giorni, in piena estate, con i rubinetti a secco. C’è una indagine in corso della magistratura. A rivelarlo è stato ieri il commissario straordinario del Bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio.

 I primi interrogatori sono cominciati sabato. Serviranno per fare luce su una vicenda oscura, che ha messo in ginocchio metà Abruzzo provocando enormi disagi ad oltre 400mila persone e causando la chiusura di decine di attività commerciali, turistiche e artigianali e la perdita di posti di lavoro.
 Goio afferma che «ci sono delle «responsabilità», che dovranno essere accertate dal magistrato. «Alla fine di questa storia», ha rivelato, «invierò un dossier alla procura».
 Il commissario ha poi confermato che entro la metà di questa settimana verrà aperto il nuovo pozzo di Bussi. L’Aca parla, invece, di 29 agosto. E’ il caos.

PARTE L’INCHIESTA.
Sarebbe stato il pm, Aldo Aceto, lo stesso magistrato che conduce l’indagine sulla discarica dei veleni di Bussi, ad aprire il fascicolo sul caso acqua. Sono tre i temi chiave dell’inchiesta: i ritardi di due anni nella realizzazione dei nuovi pozzi; l’acqua contaminata e le perdite nella rete idrica, di cui nessuno conosce le cifre esatte.
 Due anni fa, si scoprì la presenza di sostanze chimiche pericolose nell’acqua dei pozzi di Campo Sant’Angelo, a Castiglione a Casauria. Ci sono documenti del ministero dell’Ambiente, dell’Apat (braccio operativo del discastero), dell’Istituto superiore della sanità e della Regione che il Centro ha pubblicato e che confermano la presenza di inquinamento. Quei pozzi vennero chiusi ma subito riaperti, dopo la decisione di utilizzare dei filtri a carbone attivo per filtrare l’acqua, costati 1,3 milioni di euro ma ora rivelatisi inefficaci. Perché è stato deciso di continuare a distribuire quell’acqua ai cittadini, per giunta miscelandola con quella pulita estratta dall’acquedotto Giardino?

GOIO: ATTI ALLA PROCURA.
Il commissario ha già inviato alla procura i documenti che lui ha firmato, riguardanti la vicenda dell’acqua. Compresa l’ordinanza con cui il 3 agosto scorso ha fatto chiudere per inquinamento i pozzi di Castiglione, causando l’emergenza idrica. Uno dei pozzi è stato successivamente riaperto dal presidente del Tar. Goio è però convinto che ci sia qualcosa di poco chiaro in tutta questa storia. Così prepara un dossier.

ENIGMA POTABILIZZATORE.
E’ costato 37 miliardi di vecchie lire ma dal ’96 non è stato mai utilizzato. Ecco un altro elemento su cui la magistratura dovrà fare luce. L’apparecchio, che ora si trova in contrada San Martino di Chieti, doveva servire per prelevare acqua dal fiume Pescara per poi immetterla nella rete “duale”. L’acqua del fiume potabilizzata sarebbe servita per le industrie dell’area metropolitana, sgravando di questo consumo la rete idrica destinata alle famiglie. Ma l’Ato ha fatto richiesta per utilizzarla nel 2005, cioè in piena emergenza idrica dopo la prima chiusura dei pozzi di Castiglione.
 Il potabilizzatore, peraltro, ha bisogno di essere monitorato per due anni consecutivi prima di essere utilizzato. «L’apparecchio è stato bloccato per anni, vorrei capire il perché», ha dichiarato Goio. La stessa domanda che si fa anche la procura.