CHIETI
La Corte dei conti assolve Di Giammarco «False presenze? Nessun danno erariale»
I giudici aquilani: svolgeva anche l’attività di medico e non era prevista una specifica retribuzione per seguire gli studenti
CHIETI. Se una sentenza penale dovesse un giorno stabilire che il professor Gabriele Di Giammarco ha attestato molte più lezioni rispetto a quelle effettivamente tenute, questo comportamento del docente dell’università d’Annunzio non presenterebbe comunque profili di danno erariale. Lo sostiene la Corte dei conti dell’Aquila, che ha assolto il noto cardiochirurgo (difeso dall’avvocato Leo Brocchi), all’epoca dei fatti contestati – tra maggio e novembre 2019 – in servizio come primario all’ospedale Santissima Annunziata e docente del corso di laurea in Medicina e chirurgia dell’ateneo d’Annunzio. È stata dunque respinta la richiesta di condanna al pagamento di 42.049,34 euro presentata dalla procura regionale.
LA SENTENZA
«Ferma restando l’eventuale rilevanza penale e disciplinare delle contestate false attestazioni (la cui valutazione non può che essere rimessa alle competenti sedi), deve escludersi la configurabilità di un danno da indebita retribuzione», si legge in un passaggio chiave della sentenza (presidente Mario Nispi Landi, giudice Stefano Grossi, giudice relatore Paola Lo Giudice). La Corte, infatti, sottolinea come lo stipendio di Di Giammarco sia «riferito alla complessiva prestazione che comprende non solo l’attività didattica, ma anche l’attività medica e assistenziale nella clinica universitaria, essendo tali attività inscindibilmente integrate tra loro. Può ragionevolmente ritenersi che Di Giammarco abbia svolto la prestazione medico assistenziale nella struttura ospedaliera, avendo egli prodotto in giudizio la documentazione attestante proprie “timbrature” nel periodo di interesse. Al riguardo, Di Giammarco ha evidenziato che dai prospetti allegati emerge addirittura lo svolgimento della prestazione lavorativa per una durata superiore a quanto dovuto. Né è prevista una specifica retribuzione per l’attività di tutoraggio, confluendo essa, anche per gli aspetti retributivi, nella complessiva e articolata prestazione professionale richiesta».
LE CONCLUSIONI
Dunque, secondo la Corte, «dalla mera mancata effettuazione dell’attività di tutoraggio» nei confronti di 41 studenti non può «automaticamente derivare la qualificazione come indebita della retribuzione percepita per un orario corrispondente alla durata di tale tutoraggio». Per i giudici, infatti, «è necessario operare una più complessa valutazione, avente ad oggetto le molteplici prestazioni al cui adempimento era tenuto Di Giammarco e la relativa esecuzione».
Di conseguenza, per i giudici vanno esclusi anche il «danno all’immagine» e quello «da servizio».
L’ALTRO PROCESSO
A livello penale, il processo sulle presunte presenze farlocche è pendente davanti al tribunale di Chieti: Di Giammarco, che si è sempre professato innocente, comparirà di nuovo in aula il prossimo 15 giugno per rispondere dei reati di truffa aggravata in danno di un ente pubblico e falso ideologico. Secondo l’accusa, è emerso come in alcune circostanze il docente abbia attestato che stava svolgendo tirocinio mentre – in realtà – si trovava all’estero, addirittura a Cuba.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
LA SENTENZA
«Ferma restando l’eventuale rilevanza penale e disciplinare delle contestate false attestazioni (la cui valutazione non può che essere rimessa alle competenti sedi), deve escludersi la configurabilità di un danno da indebita retribuzione», si legge in un passaggio chiave della sentenza (presidente Mario Nispi Landi, giudice Stefano Grossi, giudice relatore Paola Lo Giudice). La Corte, infatti, sottolinea come lo stipendio di Di Giammarco sia «riferito alla complessiva prestazione che comprende non solo l’attività didattica, ma anche l’attività medica e assistenziale nella clinica universitaria, essendo tali attività inscindibilmente integrate tra loro. Può ragionevolmente ritenersi che Di Giammarco abbia svolto la prestazione medico assistenziale nella struttura ospedaliera, avendo egli prodotto in giudizio la documentazione attestante proprie “timbrature” nel periodo di interesse. Al riguardo, Di Giammarco ha evidenziato che dai prospetti allegati emerge addirittura lo svolgimento della prestazione lavorativa per una durata superiore a quanto dovuto. Né è prevista una specifica retribuzione per l’attività di tutoraggio, confluendo essa, anche per gli aspetti retributivi, nella complessiva e articolata prestazione professionale richiesta».
LE CONCLUSIONI
Dunque, secondo la Corte, «dalla mera mancata effettuazione dell’attività di tutoraggio» nei confronti di 41 studenti non può «automaticamente derivare la qualificazione come indebita della retribuzione percepita per un orario corrispondente alla durata di tale tutoraggio». Per i giudici, infatti, «è necessario operare una più complessa valutazione, avente ad oggetto le molteplici prestazioni al cui adempimento era tenuto Di Giammarco e la relativa esecuzione».
Di conseguenza, per i giudici vanno esclusi anche il «danno all’immagine» e quello «da servizio».
L’ALTRO PROCESSO
A livello penale, il processo sulle presunte presenze farlocche è pendente davanti al tribunale di Chieti: Di Giammarco, che si è sempre professato innocente, comparirà di nuovo in aula il prossimo 15 giugno per rispondere dei reati di truffa aggravata in danno di un ente pubblico e falso ideologico. Secondo l’accusa, è emerso come in alcune circostanze il docente abbia attestato che stava svolgendo tirocinio mentre – in realtà – si trovava all’estero, addirittura a Cuba.
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