La droga nascosta nei telai delle biciclette
Per eludere i controlli gli stupefacenti infilati anche nelle carrozzerie delle auto e sotto le gonne
LANCIANO. La droga veniva trasportata su macchine non sospette o nascosta, addirittura, nei telai delle biciclette. Dalle indagini dei carabinieri emergono particolari sull’attività di spaccio delle undici persone arrestate ieri. Due ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite a Riccione e Seregno, nel Milanese, quest’ultima località luogo di residenza di uno dei corrieri tratti in arresto.
La droga per rifornire la “piazza” lancianese, infatti, arrivava spesso direttamente da Milano e Roma, mediante l’impiego di corrieri assoldati dalle famiglie rom che, per eludere i controlli delle forze dell’ordine, trasportavano lo stupefacente all’interno delle carrozzerie di auto considerate non sospette. Un sistema che non sempre è risultato efficace: in una circostanza i carabinieri sono riusciti a intercettare, all’uscita del casello autostradale di Val Vibrata, un corriere proveniente da Roma che trasportava un etto di cocaina nascosto in un vano ricavato nel bagagliaio di un’Alfa Romeo Giulietta.
Particolare rilevante, emerso nel corso delle indagini, è il sistema di spaccio adottato da alcuni pusher che collaboravano con gli arrestati.
I carabinieri hanno accertato che la vendita delle dosi avveniva, in alcuni casi, con l’utilizzo di biciclette. Lo stupefacente veniva nascosto nei telai delle due ruote, in maniera da eludere eventuali controlli delle forze dell’ordine. Una volta incontrato il cliente, quest’ultimo saliva in sella alla bici e si dirigeva in un luogo appartato dove poteva prelevare la dose senza essere visto. Successivamente ritornava dal pusher per riconsegnare la bicicletta.
Molto importante è stato anche il ruolo ricoperto dalle donne delle famiglie rom (due arrestate e sei denunciate). Queste, per spostare lo stupefacente da un luogo all’altro, lo nascondevano sotto i vestiti per eludere i controlli. La sostanza stupefacente non veniva tenuta in casa, ma in posti vicini alle abitazioni, in modo da evitare che venisse trovata in caso di perquisizioni a sorpresa delle forze dell’ordine. In alcuni casi gli incontri tra spacciatori e clienti sono avvenuti davanti a una scuola o vicino a una chiesa. Anche il rischio di essere intercettati era tenuto in conto. Così per fissare l’appuntamento per lo scambio della droga il gergo utilizzato da pusher e cliente era: «Ci prendiamo un caffè?». (s.so.)
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