La “talpa” del tribunale sospesa per due mesi
La Procura: il dipendente ha acquisito informazioni riservate in un’indagine sullo spaccio di stupefacenti finita poi nel nulla. Non ci sono altri indagati
LANCIANO. È accusato di essere entrato nel registro informatico della Procura e del tribunale per acquisire informazioni riservate da passare a terzi non ancora identificati. Claudio Castellano, dipendente dell’ufficio del giudice per le indagini preliminari (Gip), è stato sospeso per due mesi dal servizio. Accesso abusivo al sistema informatico riservato di Palazzo di giustizia è il reato che la Procura ipotizza e per il quale aveva chiesto gli arresti domiciliari del dipendente. L’istanza è stata respinta dal Gip, Massimo Canosa, che ha invece applicato la misura cautelare interdittiva: Castellano è stato sospeso per il periodo massimo previsto. Gli atti passano ora alla Procura distrettuale antimafia dell’Aquila.
L’episodio incriminato risale allo scorso 16 aprile. In quel periodo era in corso un’importante indagine sullo spaccio di sostanze stupefacenti, finita poi nel nulla. «L’attività investigativa, cui tenevamo molto, era condotta attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche», spiega il sostituto procuratore Rosaria Vecchi, «all’improvviso ha subito una battuta d’arresto, i telefoni non parlavano più. Ciò ha destato il nostro allarme: poteva voler dire che le persone sottoposte a controllo avevano avuto notizie dell’indagine».
La Procura deve muoversi: viene arrestato in flagranza uno degli indagati, per spaccio di droga, e vengono eseguite alcune ordinanze di custodia cautelare. Nel frattempo partono gli accertamenti sulla “talpa”, condotti dai carabinieri del capitano Massimo Capobiaco. «Il lunedì dopo gli arresti», continua la Vecchi, «Castellano timbra il cartellino alle 7,49 e alle 7,50 entra nel sistema informatico, a cui i dipendenti hanno accesso solo per attività d’ufficio, su incarico o ordine di servizio. Sul registro cerca due cose: il procedimento archiviato e riaperto, notizia segreta, sull’arrestato, e i procedimenti a carico degli altri. Non poteva avere sentore delle misure cautelari emesse e cercare notizie per suo interesse, bensì su sollecitazioni di terzi». Chi siano queste persone le indagini devono stabilirlo. Nell’interrogatorio il dipendente, difeso dall’avvocato Aldo La Morgia, non ha fornito motivazioni per gli accessi effettuati.
È il secondo caso di dipendente “infedele” scoperto in meno di un anno nel tribunale frentano. Lo scorso dicembre venne arrestato ai domiciliari Mario Di Campli con le accuse di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Il processo ci sarà a marzo. «Siamo dispiaciuti quando accadono queste cose, chi lavora nelle istituzioni è tenuto a rispettare la legge più di altri», commenta il procuratore capo Francesco Menditto, «comunque ancora nessuno è stato dichiarato colpevole. Al momento non ci sono altri indagati».
Stefania Sorge
©RIPRODUZIONE RISERVATA