Lanciano, nessun colpevole per i 750 topolini uccisi al Mario Negri sud
Conlcuso con l'assoluzione dell'ex direttore il primo processo per uccisione di animali “da sperimentazione”. Le cavie furono "gasate" perché ritenute in esubero. La delusione della Lav: "Sentenza in controtendenza, facciamo ricorso in appello"
LANCIANO. Nessun colpevole per l'uccisione di 750 topolini, cavie nell'istituto di ricerca Mario Negri sud di Santa Maria Imbaro. Il processo si è concluso con l’assoluzione dell’allora direttore dell’Istituto, imputato per uccisione di animali senza necessità, ex art. 544 bis. Si tratta del primo processo per uccisione di topi “da sperimentazione”.
Sul banco degli imputati, la filiale Sud dell’Istituto Mario Negri di Milano che, nel marzo 2014, aveva ammesso di aver ucciso 750 “cavie”, gasate nel suo stabulario, a seguito del trasferimento ad altra sede del progetto di ricerca cui erano destinati.
“Una sentenza che ci delude”, sostiene Michela Kuan, biologa, responsabile Lav area Ricerca senza animali, in una nota con la quale dà notizia del processo. La Lega anti vivisezione, denunciante e parte civile, nel procedimento, ha evidenziato in udienza come durante l’istruttoria sia stato accertato che i 750 topolini siano stati uccisi perché "in esubero" a seguito dell’abbandono da parte dei ricercatori che li utilizzavano, trasferiti in altri istituti.
“Una prassi che riteniamo inaccettabile e con piena rilevanza penale, perché è emerso chiaramente come l’istituto non si sia attivato in alcun modo per trovare una sistemazione alternativa all’uccisione per i topi – aggiunge Michela Kuan – per cui non ci arrenderemo finché non sarà resa giustizia a quegli animali e anzi presenteremo subito ricorso in appello per ribaltare una sentenza”.
La sentenza appare, peraltro, alla Lav in controtendenza rispetto a più innovative pronunce, come quelle ottenute nei tre gradi di giudizio del processo contro l’allevamento di beagle Green Hill, sentenza che afferma il fondamentale principio per cui le necessità etologiche degli animali e il loro diritto alla vita devono essere rispettate anche se destinati alla vivisezione: principi presenti nella legge e rafforzati anche dalla recentissima sospensiva emanata dal Consiglio di Stato in merito al progetto autorizzato all’università di Torino che renderà ciechi e ucciderà 6 macachi.
“Questa vicenda giudiziaria rivela quanto chi sperimenta su animali li consideri effettivamente oggetti, a dispetto delle dichiarazioni di rispetto del loro benessere – aggiunge Gianluca Felicetti, presidente Lav - Ancora più grave è che prassi come quella oggetto del processo avvengano in strutture tenute in piedi per anni con i soldi dei contribuenti, fra i quali quelli della Regione Abruzzo e della Provincia di Chieti, che hanno investito in un vuoto a perdere, come è ormai la vivisezione”.
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