Lavoro, Chieti maglia nera

Cardo (Uil): nel capoluogo disoccupazione più alta (18%)

CHIETI. L'edilizia perde 1400 addetti in un anno, 13 mila disoccupati sono iscritti al collocamento. «La realtà della nostra città e del suo comprensorio», dice Antonio Cardo, segretario provinciale della Uil, «è in emergenza occupazionale, che ha raggiunto limiti insostenibili, con un tasso di disoccupazione a Chieti del 18 per cento, contro un 8,8 regionale e un 10,1 provinciale». In tutta la provincia ci sono circa 2200 lavoratori in mobilità.

La ripresa economica dunque, stando al sindacalista della Uil, non c'è e occorre da subito, tra istituzioni e parti sociali, rimboccarsi le maniche, per evitare che la crisi cronicizzi. «Le cause», continua Cardo, «vanno ricercate nella più volte denunciata e inarrestabile crisi del settore industriale, a cui fanno da corona le situazioni altrettanto preoccupanti del terziario, con una crisi profonda delle cooperative e dei servizi alle imprese, nonché delle attività commerciali, dove si registra un crollo verticale delle vendite al dettaglio e i saldi attestano un meno 20 per cento. Poi ci sono le comunicazioni, con la chiusura in città di sedi di importanti quotidiani, dell'alberghiero, ristorazione, edilizia pubblica e privata, che in un anno perde, stando a Edilcassa, circa 1400 addetti».

Si consolida il ricorso a cassa integrazione straordinaria, Cigs, e in deroga, sintomi della ripresa economica che non c'è. Nell'ultimo anno le ore di Cigs concesse, stando a Cardo, sono aumentate del 76,8 per cento, passando da oltre 110 mila a più di 195 mila, così come la deroga è salita del 29,8 per cento. Una città come Chieti, che negli anni'70 del secolo scorso arrivò a occupare nelle aziende dello scalo quasi 10 mila persone, oggi affanna su appena 3 mila.

«Tutti i comparti sono interessati da pesanti tagli, con un record negativo di 13 mila disoccupati iscritti al collocamento» continua il segretario Uil, «molto spesso i posti di lavoro persi vengono riconvertiti in forme di occupazione precaria. Il 75 per cento dei nuovi avviamenti al lavoro è di questa natura».

Quali sono le cause di questa crisi inarrestabile? «Negli anni passati», risponde Cardo, «è mancata una scelta di consolidamento e di sviluppo delle attività industriali insediatesi in Val Pescara. Non si è avviata, per volontà politica, la riconversione in attività e comparti merceologici ad alta tecnologia e a basso impatto ambientale. Si è assecondata, invece, una terziarizzazione confusa e scoordinata, funzionale a quanti, proprietari di aree dismesse, hanno sperato in una trasformazione della destinazione d'uso per appetibili edificazioni civili e commerciali».

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