l'evento
Le farchie raccontate con gli occhi del regista Viani
Dalla notte della preparazione ai fuochi accesi in piazza: "Il tempo si ferma. È il respiro di una umanità antica"
A Fara, la mattina del 16 gennaio, il tempo si ferma, sospeso e avvolto in un'ampolla di stupore che in alcuni casi si fa timore, mistero. Il paese è stretto nell'ansia dell'attesa. Le strade sono quasi deserte. I farchiaroli si ritrovano alla spicciolata davanti alle farchie, chi per ultimare le decorazioni, altri per fare comunella davanti ai fuochi ormai ridotti in carcasse fumanti. Per ingannare il tempo si fanno i soliti discorsi che poi non portano mai a nulla. Le voci sono afone e somigliano a quelle dei vecchi grammofoni gracchianti per via dei canti e delle urla in onore di Sant'Andone dei giorni precedenti. L'eco di un petardo attraversa l'intera valle del Foro rompendo per un attimo l'incanto, come quelle note musicali cupe che al cinema avvertono lo spettatore che qualcosa sta per accadere. Questo è il momento in cui il passato e il presente si confondono annullandosi.
Come da un sogno tornano gli antenati, quelli che sono andati via troppo presto e che per anni, insieme agli altri, hanno contribuito alla costruzione della farchia, in onore di Sant’Antone. Si ricordano le loro gesta, i loro aneddoti, c'è chi ride e chi, con discrezione, fa fatica a trattenere le lacrime. A questo punto c'è sempre una damigiana di vino che spunta e riempie i bicchieri affinchè la temperatura cominci a salire. Dai Colli arriva l'eco dei primi spari. Sono le farchie più lontane che annunciano al paese la loro partenza prima di giungere nel piazzale antistante il cimitero, dove verranno incendiate. A valle, in ogni contrada, il formicolio si fa sempre più frenetico. Le donne si fanno da parte, lasciando spazio ai loro uomini che guardano con rispetto e ammirazione mentre, all'urlo di Sant'Antone, alzano la farchia da terra e la poggiano sopra carri trainati da trattori.
E’ l'ora di partire. La farchia si muove lentamente seguita dalla sua gente al suono di ddu botte e al canto di Sant’Antone abate. Spari e botti risuonano in tutta la valle. Le farchie ormai muovono lentamente verso il cimitero. A Fara centro è l'ora delle litanie. Un canto che gela l'aria caricando ogni sguardo, gesto, parola di un significato arcaico. Quando i canti finiscono i ragazzi che porteranno la farchia si guardano negli occhi, rispecchiandosi l'uno nell’altro, rinnovando un legame sacrale ereditato dai padri. Codici genetici non traducibili a parole ma che non sono altro che la rappresentazione dell'anima antica del luogo. Queste sono le Farchie, una metafora struggente della vita. Il respiro di una umanità antica.