Licenziati alla Irplast I lavoratori pronti a scendere in strada
Atessa, assemblea degli operai sul futuro dell’azienda dopo l’annuncio degli 8 impiegati verso il licenziamento
ATESSA. «Stiamo valutando il ricorso a forme di protesta che saranno comunicate già a partire dai prossimi giorni». Resta alta la preoccupazione delle maestranze della Bimo-Irplast, fabbrica che produce pellicole per imballaggi e che, a causa di una forte difficoltà di mercato, ha deciso di ricorrere alla mobilità volontaria di una parte del personale e al licenziamento o trasferimento del settore amministrativo nella sede legale di Empoli. «Se non avremo un incontro chiarificatore con la dirigenza aziendale e non otterremo l’attenzione delle istituzioni», promettono i rapprensentanti di fabbrica di Cgil, Cisl e Uil, «siamo disposti anche ad inscenare proteste più eclatanti».
Ieri, nel corso dell’assemblea dei lavoratori nello stabilimento di Atessa, si è affrontato il problema del futuro produttivo della Irplast. La fabbrica è il risultato di una fusione tra la Bimo (con sede ad Atessa) e la Irplast di Empoli. Ma lo stabilimento sangrino, dopo una forte crisi iniziale, continua ad avere problemi tanto da aver fatto ricorso da 4 anni alla cassa integrazione ordinaria. Il provvedimento scadrà tuttavia il prossimo anno.
Nei giorni scorsi l’azienda ha comunicato ad 8 dipendenti del settore amministrativo il licenziamento o il trasferimento nella sede toscana. Oltre al timore di vedere un forte depotenziamento della fabbrica che ad Atessa occupa circa 180 dipendenti, le Rsu lamentano anche la mancata attivazione del piano di rilancio prospettato in passato dall’azienda. «Oggi (ieri per chi legge, ndc) riparte un impianto prima inattivo», spiegano le Rsu, «ma per assurdo a causa della mobilità ci sono meno operai sulle linee, il che costringe a nuovi turni e a nuovi sacrifici da parte dei lavoratori che, finora, sono stati gli unici a pagare la crisi. Chiediamo che lo stabilimento di Atessa», concludono le Rsu, «proprio in forza della sua capacità e competitività non perda professionalità importanti. È inaccettabile che oltre al danno per la carenza di ordinativi sugli impianti produttivi dobbiamo subire anche la beffa del trasferimento del lavoro. Ci sono altre forme e altri modi per superare la crisi».
Daria De Laurentiis
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