«Ma un solo caso non significa emergenza»
Il prefetto Corona ridimensiona l’episodio ma coglie l’allarme sociale: assicuriamo impegno costante
CHIETI. «Un singolo caso non significa che c’è emergenza criminalità». Il prefetto Antonio Corona torna sull’aggressione a Santa Maria Imbaro ai danni di Massimiliano Delle Vigne e della moglie, spiegando che il caso a sua avviso, «pur grave e spiacevole, non è sintomo di una recrudescenza di determinati fenomeni criminali».
Corona ridimensiona l’episodio ma al tempo stesso coglie l’allarme sociale e non ha intenzione di lasciare senza riposte il bisogno di sicurezza del territorio. Soprattutto dopo che i Delle Vigne hanno chiamato in causa esplicitamente forze dell’ordine e istituzioni, appellandosi a loro. Un appello che il prefetto raccoglie e al quale risponde assicurando «impegno costante e massima attenzione», anche se ci tiene a sottolineare che è sempre stato così. «Raccogliamo sicuramente l’appello dei cittadini, ma certamente non lo facciamo da oggi. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo», assicura, «con i mezzi che abbiamo a disposizione». Quanto alle risorse in campo, Corona non si associa al coro di chi lamenta la scarsezza di forze e mezzi a disposizione. «Gli organici», spiega, «vengono fatti a seconda del numero dei residenti. E quindi c’è un criterio oggettivo a monte, contro il quale non possiamo fare nulla». Il prefetto assicura che i reati su Chieti e provincia sono mediamente in calo. «È una tendenza costante», dice, «forse proprio grazie all’attenzione che cerchiamo di riservare al settore sicurezza». Corona cita uno dei nuovi sistemi anticrimine messo in campo solo da poco tempo. È la georeferenziazione che consente di prevedere strategie criminali sulla base di dati statistici, riuscendo ad immaginare in anticipo dove si possono verificare i reati e ai danni di chi. «È un sistema nuovo», dice il prefetto, «capace di dare importanti risultati di cui, però, non ci si accorge. Perché in questo campo ci si accorge solo quando la sicurezza viene a mancare, come nel caso di Santa Maria Imbaro. Dove, però, tecnicamente non si dovrebbe parlare neanche di “rapina in villa”, perché da quello che sappiamo i criminali volevano rubare l’incasso di giornata dell’attività commerciale e non entrare in casa. Forse si sono spaventati per l’allarme. O forse semplicemente non era quella l’intenzione. E comunque non è una rapina a fare il far west». (a.i.)
Corona ridimensiona l’episodio ma al tempo stesso coglie l’allarme sociale e non ha intenzione di lasciare senza riposte il bisogno di sicurezza del territorio. Soprattutto dopo che i Delle Vigne hanno chiamato in causa esplicitamente forze dell’ordine e istituzioni, appellandosi a loro. Un appello che il prefetto raccoglie e al quale risponde assicurando «impegno costante e massima attenzione», anche se ci tiene a sottolineare che è sempre stato così. «Raccogliamo sicuramente l’appello dei cittadini, ma certamente non lo facciamo da oggi. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo», assicura, «con i mezzi che abbiamo a disposizione». Quanto alle risorse in campo, Corona non si associa al coro di chi lamenta la scarsezza di forze e mezzi a disposizione. «Gli organici», spiega, «vengono fatti a seconda del numero dei residenti. E quindi c’è un criterio oggettivo a monte, contro il quale non possiamo fare nulla». Il prefetto assicura che i reati su Chieti e provincia sono mediamente in calo. «È una tendenza costante», dice, «forse proprio grazie all’attenzione che cerchiamo di riservare al settore sicurezza». Corona cita uno dei nuovi sistemi anticrimine messo in campo solo da poco tempo. È la georeferenziazione che consente di prevedere strategie criminali sulla base di dati statistici, riuscendo ad immaginare in anticipo dove si possono verificare i reati e ai danni di chi. «È un sistema nuovo», dice il prefetto, «capace di dare importanti risultati di cui, però, non ci si accorge. Perché in questo campo ci si accorge solo quando la sicurezza viene a mancare, come nel caso di Santa Maria Imbaro. Dove, però, tecnicamente non si dovrebbe parlare neanche di “rapina in villa”, perché da quello che sappiamo i criminali volevano rubare l’incasso di giornata dell’attività commerciale e non entrare in casa. Forse si sono spaventati per l’allarme. O forse semplicemente non era quella l’intenzione. E comunque non è una rapina a fare il far west». (a.i.)