Medico scagionato: era vittima della banda «Falsificata la sua firma per i finti incidenti» 

La perizia grafologica svela che i certificati-truffa per ottenere i ricchi risarcimenti non sono stati redatti da Giuliano Pace Il giudice revoca la misura, adesso lo psichiatra può tornare a lavorare: «Io totalmente estraneo, è la fine di un incubo»

CHIETI. È stato anche lui una vittima della banda che si arricchiva con i falsi incidenti stradali. Il medico Giuliano Pace, 51 anni, inizialmente accusato di associazione per delinquere e dall’alba di lunedì sottoposto al divieto di esercitare la professione per quattro mesi, ha visto cadere ogni accusa nei suoi confronti ieri mattina, al termine dell’interrogatorio di garanzia. Il giudice Luca De Ninis, con il parere favorevole del pubblico ministero Giancarlo Ciani, ha revocato la misura cautelare con effetto immediato. Tradotto: già da ieri Pace, specialista in psichiatria, originario dell’Aquila e residente a Pescara, è potuto tornare al lavoro.
L’avvocato Ludovico De Benedictis è riuscito a dimostrare che i certificati medici contenenti la firma e il timbro del suo assistito, utilizzati per frodare le assicurazioni e incassare illecitamente ricchi risarcimenti, in realtà non sono stati redatti da Pace. Determinante, in questo senso, è stata la consulenza del grafologo Andrea Ritenuti. In sostanza, probabilmente dopo essere venuti in possesso di un documento con una firma e un timbro autografi del medico (toccherà alle indagini accertare come), i componenti della banda hanno creato i falsi documenti con il metodo della fotocomposizione. In altre parole: firma e timbro sono stati riprodotti, o per così dire “photoshoppati”, su altri fogli, trasformati successivamente nei certificati attestanti i prolungamenti di malattia farlocchi.
In 17 casi le firme sono risultate perfettamente sovrapponibili. E la precisa sovrapponibilità di due scritti a confronto, come sottolineato dall’esperto, è prova di falsità. Così come il fatto che le firme intersecano i timbri negli stessi punti.
«È stato un incubo», dice ora Pace, scagionato dalla consulenza grafologica, «ma questa vicenda si è chiusa positivamente, nel senso che è stata accertata la mia totale estraneità ai fatti contestati. Una vicenda drammatica in cui io stesso sono risultato vittima, considerando che è stata indebitamente utilizzata la mia firma per sottoscrivere certificazioni di cui non sapevo assolutamente nulla. Il giudice e il pubblico ministero hanno analizzato con prontezza e attenzione le evidenze contenute nella relazione grafologica prodotta in aula. Adesso ho intenzione di andare fino in fondo, alla luce degli enormi danni da me subiti non solo dal punto di vista umano, ma anche professionale».
E ora i componenti della banda rischiano ulteriori accuse che vanno dal falso fino alla calunnia indiretta.