Megalò 2, il Wwf boccia il progetto
Di Francesco: area a rischio esondazioni, i negozianti: concorrenza sleale
CHIETI. Il comitato regionale di valutazione di impatto ambientale (Via) dice sì al progetto Megalò 2, la proposta di ampliamento del centro commerciale più grande d' Abruzzo, presentata dalla Boldrin Savino Sirec srl. Un investimento da 30 milioni di euro per realizzare quattro lotti, 30 mila metri quadri in tutto, tra Chieti e Cepagatti. Il progetto fa parte di un accordo di programma che rientra nel Prusst (Programma di riqualificazione urbana sostenibile sul territorio), firmato nell'aprile 2002 dalla giunta Pace. Ma, ancora prima di sorgere, il nuovo ipermercato accende già le polemiche. La struttura, infatti, sorgerà in un'area a forte rischio esondazione dalla nascita del primo centro commerciale.
«La zona in cui sorge Megalò», spiega Nicoletta Di Francesco, presidente del Wwf Chieti, «era una valvola di sfogo del fiume Pescara in caso di piena. Poi sono stati alzati gli argini e ora il fiume scorre più violento a valle: il rischio di alluvione si è solo spostato». Lo scorso agosto l associazione ambientalista ha scritto alla Regione per allertare del pericolo determinato «dall aggravare l occupazione del suolo in quella che dovrebbe essere una fascia tampone, di filtro, tra le aree urbanizzate e il fiume».
Ma l'allarme del Wwf non è bastato. E a questo si aggiungerà un raddoppiamento del traffico veicolare e dell inquinamento. «In quella zona», continua Di Francesco, «le auto vanno a passo d'uomo, con un ristagno completo di gas di scarico». Nei giorni di maggiore afflusso ai due centrali commerciali gli ingorghi peggiorerebbero ulteriormente la qualità dell aria della zona, «già inquinata e sotto controllo dalla Regione».
Oltre che all' ambiente, il nuovo centro commerciale darebbe un duro colpo al commercio cittadino. Ne è convinto Antonio Cieri, titolare di Ribò, che dalla fine degli anni Sessanta affaccia le vetrine in corso Marrucino: «Siamo nauseati», esclama, «il centro storico è ridotto ad un rione periferico e ormai è inutile anche parlarne, questa è una strada collaterale». Non è tanto la concorrenza della grande distribuzione a spaventare, quanto il fatto che «il vero centro della città è diventato Megalò: qui non c'è più nessuno e noi ci sentiamo soli». L'apertura del centro commerciale, in effetti, ha cambiato le abitudini di giovani e famiglie: si trascorrono intere giornate in un solo edificio dove si fanno compere, si pranza, ci si diverte in sala giochi e si guarda un film.
Lo struscio del sabato pomeriggio e le prime uscite degli adolescenti teatini si sono trasferiti tra carrelli della spesa e luci al neon. «Il declino», racconta Cieri, «è iniziato quando hanno spostato l'università, l'ospedale, poi la Banca d'Italia. Ora costruiranno Ikea, il nuovo Megalò: chi volesse venire in centro cosa viene a fare? Non solo non c'è parcheggio, non c è proprio niente».
La pensa allo stesso modo Giampiero Riccardo, coordinatore regionale dei giovani Idv: «Megalò funziona», dice, «perché a Chieti e allo Scalo non ci sono alternative». Per Riccardo «non va criminalizzato il centro commerciale, ma non possiamo lasciare che l'economia cittadina sia concentrata solo su questo. Oltretutto quella non è vera occupazione, perché si basa su contratti a tempo determinato».
«La zona in cui sorge Megalò», spiega Nicoletta Di Francesco, presidente del Wwf Chieti, «era una valvola di sfogo del fiume Pescara in caso di piena. Poi sono stati alzati gli argini e ora il fiume scorre più violento a valle: il rischio di alluvione si è solo spostato». Lo scorso agosto l associazione ambientalista ha scritto alla Regione per allertare del pericolo determinato «dall aggravare l occupazione del suolo in quella che dovrebbe essere una fascia tampone, di filtro, tra le aree urbanizzate e il fiume».
Ma l'allarme del Wwf non è bastato. E a questo si aggiungerà un raddoppiamento del traffico veicolare e dell inquinamento. «In quella zona», continua Di Francesco, «le auto vanno a passo d'uomo, con un ristagno completo di gas di scarico». Nei giorni di maggiore afflusso ai due centrali commerciali gli ingorghi peggiorerebbero ulteriormente la qualità dell aria della zona, «già inquinata e sotto controllo dalla Regione».
Oltre che all' ambiente, il nuovo centro commerciale darebbe un duro colpo al commercio cittadino. Ne è convinto Antonio Cieri, titolare di Ribò, che dalla fine degli anni Sessanta affaccia le vetrine in corso Marrucino: «Siamo nauseati», esclama, «il centro storico è ridotto ad un rione periferico e ormai è inutile anche parlarne, questa è una strada collaterale». Non è tanto la concorrenza della grande distribuzione a spaventare, quanto il fatto che «il vero centro della città è diventato Megalò: qui non c'è più nessuno e noi ci sentiamo soli». L'apertura del centro commerciale, in effetti, ha cambiato le abitudini di giovani e famiglie: si trascorrono intere giornate in un solo edificio dove si fanno compere, si pranza, ci si diverte in sala giochi e si guarda un film.
Lo struscio del sabato pomeriggio e le prime uscite degli adolescenti teatini si sono trasferiti tra carrelli della spesa e luci al neon. «Il declino», racconta Cieri, «è iniziato quando hanno spostato l'università, l'ospedale, poi la Banca d'Italia. Ora costruiranno Ikea, il nuovo Megalò: chi volesse venire in centro cosa viene a fare? Non solo non c'è parcheggio, non c è proprio niente».
La pensa allo stesso modo Giampiero Riccardo, coordinatore regionale dei giovani Idv: «Megalò funziona», dice, «perché a Chieti e allo Scalo non ci sono alternative». Per Riccardo «non va criminalizzato il centro commerciale, ma non possiamo lasciare che l'economia cittadina sia concentrata solo su questo. Oltretutto quella non è vera occupazione, perché si basa su contratti a tempo determinato».
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