Morto in ospedale, scagionata la madre 

La donna era accusata di omicidio colposo, ma il giudice archivia: «Non c’è nessuna responsabilità»

CHIETI. «Il decesso del giovane non è addebitabile a una condotta colposa del genitore». Ecco perché il giudice Andrea Di Berardino, su richiesta dal pubblico ministero Marika Ponziani, ha disposto l’archiviazione del procedimento in cui era indagata, con l’accusa di omicidio colposo, Antonella D’Alò, madre di Daniele Pulsoni, 42 anni, trovato morto in un letto d’ospedale il 21 dicembre 2022.
Quella mattina a telefonare al 112 è stato il medico di reparto, che ha riferito di aver rinvenuto un paziente senza vita con accanto una siringa che, a suo dire, non apparteneva alla terapia che normalmente gli veniva somministrata. Fin da subito, la madre ha sostenuto che il figlio non aveva assunto nessuna droga e che il farmaco dentro la siringa altro non era che un medicinale da lui utilizzato per il trattamento del dolore. La donna è stata iscritta sul registro degli indagati, come atto dovuto, anche in vista degli accertamenti medico-legali affidati a Marco Piattelli, nominato consulente dal pubblico ministero.
La successiva perquisizione da parte dei carabinieri nell’abitazione del quarantaduenne non ha fatto emergere nulla di interessante per le indagini.
Determinante è stata l’autopsia, che ha escluso qualsiasi tipo di responsabilità nei confronti di D’Alò, difesa dall’avvocato Mauro Faiulli, svelando che quella di Pulsoni è stata «una morte cardiaca improvvisa». Le indagini tossicologiche sono inoltre risultate negative per sostanze d’abuso.
Non solo: il medico legale ha verificato come il paziente sia stato sottoposto a tempestive manovre rianimatorie e «si può affermare che nessun rimprovero può essere mosso al personale sia della Clinica medica che della Cardiologia e dell’Unità di terapia intensiva cardiologica (Utic) di Chieti, in quanto ha agito nel rispetto delle buone prassi». (g.let.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.