Musicista ucciso, scontro in Cassazione
Dopo la pena ridotta a 16 anni di carcere, Cipressi chiede un nuovo sconto. Ma la procura vuole una condanna più pesante
CHIETI. Dopo la condanna ridotta a 16 anni, l’assassino va in Cassazione per ottenere un nuovo sconto di pena. Ma anche la procura generale presenta ricorso: chiede 30 anni di carcere per Emanuele Cipressi, il teatino di 27 anni che uccise il musicista Fausto Di Marco sgozzandolo in strada con il collo di una bottiglia nella notte tra l’8 e il 9 ottobre del 2016. L’udienza davanti al giudici romani verrà fissata nelle prossime settimane. Ma è già scontro.
NO ALLE ATTENUANTI. Il sostituto procuratore generale Alberto Sgambati, «su sollecitazione della parte civile», ha deciso di rivolgersi alla Suprema corte per chiedere l’annullamento della sentenza di secondo grado. «Il giudice di appello», si legge nel ricorso, «ha ritenuto di dover riconoscere all’imputato le attenuanti generiche solo sulla base della sua incensuratezza e della sua presunta giovane età, senza spiegarne in alcun modo le ragioni». Poi, l’accusa scende nel dettaglio: «Si ritiene che una persona di 24 anni, come nel caso di Cipressi al momento della commissione del delitto, dovrebbe essere già adeguatamente matura e non le si dovrebbe riconoscere un beneficio ulteriore solo sulla base di questo dato di fatto». E ancora: «Per la concessione delle attenuanti generiche non si può tener conto unicamente dei buoni precedenti penali. La Corte d’Assise d’appello avrebbe dovuto considerare soprattutto le modalità e il movente del delitto commesso e, in secondo luogo, il complessivo comportamento processuale dell’imputato».
LE AGGRAVANTI. «Si è trattato di un omicidio aggravato dall’essere stato commesso per futili motivi», insiste la procura generale. Il primo è legato «alla reazione al mero lancio di un bicchiere di plastica pieno di birra, bicchiere con cui peraltro la parte offesa intendeva bagnare un’altra persona e che, solo per errore, colpiva l’imputato». Sgambati sottolinea che Cipressi ha sfruttato «circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la difesa, consistenti nell’aver approfittato dell’evidente stato di ebbrezza alcolica in cui si trovava la vittima e dall’aver adoperato un mezzo insidioso rappresentato da un coccio di bottiglia che rompeva nell’immediatezza del fatto e di cui si serviva per colpire violentemente la vittima che veniva colta di sorpresa. Aggravanti peraltro tutte ritenute sussistenti dal secondo giudice ma poi praticamente annullate con il giudizio di equivalenza».
IL PROCESSO. «Anche il comportamento processuale dell’imputato», è la conclusione della procura generale, «in verità non si ritiene che possa giustificare la notevole riduzione di pena connessa alla concessione delle attenuanti generiche». Cipressi, infatti, «ha fornito in sede di interrogatorio una versione dei fatti che è stata chiaramente smentita dalle risultanze processuali. Inoltre, non ha manifestato nessun segno di pentimento, né ha promosso alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti dei familiari della vittima».
LA DIFESA. L’avvocato Giancarlo De Marco, che assiste Cipressi, chiede che il reato venga riqualificato in omicidio preterintenzionale. Per la difesa, infatti, il giovane non solo non aveva alcuna intenzione di uccidere la vittima, ma era per lui inimmaginabile che quell’unico colpo potesse portare al decesso di Di Marco. Secondo De Marco, non regge neanche l’aggravante dei futili motivi perché Cipressi avrebbe colpito il musicista perché intenzionato a difendersi. Quanto alla «minorata difesa», non ci sarebbe alcuna prova sul fatto che Cipressi fosse a conoscenza dello «stato di ubriachezza» di Di Marco. Sempre per la difesa, andrebbe cancellata anche l’aggravante dell’«uso di un mezzo insidioso»: la bottiglia era chiaramente visibile dalla vittima.
NO ALLE ATTENUANTI. Il sostituto procuratore generale Alberto Sgambati, «su sollecitazione della parte civile», ha deciso di rivolgersi alla Suprema corte per chiedere l’annullamento della sentenza di secondo grado. «Il giudice di appello», si legge nel ricorso, «ha ritenuto di dover riconoscere all’imputato le attenuanti generiche solo sulla base della sua incensuratezza e della sua presunta giovane età, senza spiegarne in alcun modo le ragioni». Poi, l’accusa scende nel dettaglio: «Si ritiene che una persona di 24 anni, come nel caso di Cipressi al momento della commissione del delitto, dovrebbe essere già adeguatamente matura e non le si dovrebbe riconoscere un beneficio ulteriore solo sulla base di questo dato di fatto». E ancora: «Per la concessione delle attenuanti generiche non si può tener conto unicamente dei buoni precedenti penali. La Corte d’Assise d’appello avrebbe dovuto considerare soprattutto le modalità e il movente del delitto commesso e, in secondo luogo, il complessivo comportamento processuale dell’imputato».
LE AGGRAVANTI. «Si è trattato di un omicidio aggravato dall’essere stato commesso per futili motivi», insiste la procura generale. Il primo è legato «alla reazione al mero lancio di un bicchiere di plastica pieno di birra, bicchiere con cui peraltro la parte offesa intendeva bagnare un’altra persona e che, solo per errore, colpiva l’imputato». Sgambati sottolinea che Cipressi ha sfruttato «circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la difesa, consistenti nell’aver approfittato dell’evidente stato di ebbrezza alcolica in cui si trovava la vittima e dall’aver adoperato un mezzo insidioso rappresentato da un coccio di bottiglia che rompeva nell’immediatezza del fatto e di cui si serviva per colpire violentemente la vittima che veniva colta di sorpresa. Aggravanti peraltro tutte ritenute sussistenti dal secondo giudice ma poi praticamente annullate con il giudizio di equivalenza».
IL PROCESSO. «Anche il comportamento processuale dell’imputato», è la conclusione della procura generale, «in verità non si ritiene che possa giustificare la notevole riduzione di pena connessa alla concessione delle attenuanti generiche». Cipressi, infatti, «ha fornito in sede di interrogatorio una versione dei fatti che è stata chiaramente smentita dalle risultanze processuali. Inoltre, non ha manifestato nessun segno di pentimento, né ha promosso alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti dei familiari della vittima».
LA DIFESA. L’avvocato Giancarlo De Marco, che assiste Cipressi, chiede che il reato venga riqualificato in omicidio preterintenzionale. Per la difesa, infatti, il giovane non solo non aveva alcuna intenzione di uccidere la vittima, ma era per lui inimmaginabile che quell’unico colpo potesse portare al decesso di Di Marco. Secondo De Marco, non regge neanche l’aggravante dei futili motivi perché Cipressi avrebbe colpito il musicista perché intenzionato a difendersi. Quanto alla «minorata difesa», non ci sarebbe alcuna prova sul fatto che Cipressi fosse a conoscenza dello «stato di ubriachezza» di Di Marco. Sempre per la difesa, andrebbe cancellata anche l’aggravante dell’«uso di un mezzo insidioso»: la bottiglia era chiaramente visibile dalla vittima.